Gli italiani ballavano. Si riempivano il cuore di sonorità che li avvolgevano in riva al mare, intorno a una piscina, ad un approssimativo night club. E lui, con la sua voce accattivante, profonda, seducente, li invitava a ballare all’infinito. Senza pensare ad altro. Raggomitolati nella musica al chiaro di luna o perduti nei pensieri che non ammettevano intrusioni filosofiche e sociali, si appropriavano di sorrisi spinti soltanto da quelle canzoni che sussurravano amore. Come in quella “Estate con te” o in “Balliamo” o ancora in “Bruttissima bellissima”… Ma soprattutto in “Una rotonda sul mare”, mentre nascevano flirt o amori di una vita o ci si diceva addio tra lacrime che non contemplavano riparazioni, sperando sempre che lo spirito del ritorno si riaccendesse, non importava come e dove.
Chi non ha sognato con Fred Bongusto non ha vissuto quella certa idea dell’Italia che ci manca. Ed ora ci manca anche lui. Se n’è andato e non ritornerà. Resteranno i dischi che suonano, gli amici (forse) balleranno ancora, ma non ci sarà nessuno che si addormenterà sulle note dolcissime di uno chansonnier molisano che con la sua musica fece vedere perfino a chi non ci credeva che un’altra Italia era possibile negli anni sessanta e settanta, quando furoreggiava il pop, il rock, il blues.
Bongusto è stato l’anti-moderno per eccellenza e le sue poesie in musica hanno accompagnato generazioni all’incontro con i sentimenti e con quelle parole che non si dicono più per pudore o perché semplicemente non si conoscono, non le sa più nessuno. E “Doce doce” e “Sei tu, sei tu”e “Il nostro amor segreto” non si portano come un tempo, quando i pianti ed i sorrisi dipingevano le serate d’estate per un bacio rubato o negato, per un abbraccio tenero e pulito, per una carezza affogata in un bicchiere di champagne. A Malaga o a Detroit naturalmente. E tutte le donne erano ovviamente bellissime, come “Caterina” o la seducente “Frida”, un autentico capolavoro, degna di Bovio, Di Giacomo, nella quale c’è tutto quello che nell’amore si trova e si perde, di detesta e si riprende.
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Ci sono uomini e donne che non si crede possano morire. Coloro che ci hanno fatto ballare e innamorare, stupire davanti alle grazie femminili o scrutando i colori della febbre dei sentimenti inespressi, dopotutto non muoiono davvero, nel senso proprio. È difficile crederci, ma è così. Esso vivono nei ricordi fin quando i ricordi parleranno fosse pure con una nota o un verso.
E Fred Bongusto, questo ragazzo di ottantaquattro anni, non se n’è andato, dunque, in questo senso. Anzi, lo rivedo oggi camminare con la sua racchetta tirata come un peso per i vialetti del Circolo che frequentavamo e mi viene voglia di chiedergli una canzone tanto per dirgli che gli voglio bene per le gioiose o malinconiche serate che mi ha regalato da adolescente; per sorridere di un piatto di spaghetti, di pollo, insalatina e una tazzina di caffé consumati chissà dove, ma non a Detroit, con una Lola qualsiasi; e per ricordare infine, “La mia estate con te”, comunque l’estate più bella, tanto tempo fa, al cui ricordo il cuore non regge e si butta via con tutto il resto, con le rotonde , con le Frida, le Caterine, le strisce di mare, le ore d’amore. E i pomeriggi e le notti che non finivano mai.
Grazie, Fred. Per questa lunga estate che con finirà mai, almeno fino a quando le tue canzoni continueremo ad ascoltarle, ovunque, quando ne avremo bisogno, per allontanare il frastuono, le stupidaggini volgari, le insignificanti follie. Sarà la nostra estate. Un’estate d’amore con o senza una rotonda sul mare.