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Home Libri

Libri. “Lavaggio del carattere”: l’occupazione totalitaria degli Usa in Germania nel dopoguerra

by Giovanni Sessa
1 Settembre 2019
in Libri
1

Fichte, filosofo idealista del secolo XIX, oltre che teoreta di grande livello, fu lucido diagnosta del mondo che veniva, profeta della storia tragica della decadenza europea che, dopo la Seconda guerra mondiale, avrebbe visto il trionfo della «teologia economica» del liberal-liberismo che, proprio a muovere dalla Germania, avrebbe messo in atto la mercificazione universale della vita. La «teologia economica» è l’ultimo momento del processo di secolarizzazione del fine della storia cristiano e l’ «ultimo uomo», di nietzschiana memoria, che abita la fase civilizzazionale da essa prodotta, ha il tratto del narciso. L’uomo «senza Tradizione», succedaneo del musilano «uomo senza qualità», vive nel clima esistenziale che Fichte definì «peccaminosità compiuta», l’età dell’assoluta indifferenza nei confronti di qualsivoglia verità. Lo ricorda, con persuasività di accenti, Francesco Coppellotti, nella prefazione ad un volume da lui recentemente curato, opera dello scrittore tedesco  Caspar von Schrenck-Notzing, Lavaggio del carattere. Le conseguenze dell’occupazione americana della Germania, pubblicato da OAKS editrice (per ordini: info@oakseditrice.it, pp. 378, euro 28,00).

   Si tratta dell’opera di un vivace pensatore conservatore, uscita in prima edizione nel 1965 che, per gli argomenti trattati, divenne in piena guerra fredda, nel paese transalpino, «libro proibito», libro da censurare, da silenziare. Le sue pagine pongono seriamente in discussione, non semplicemente gli assetti politici sorti dopo la fine della guerra, o la condizione materiale cui era stato ridotto il popolo tedesco ma mostravano anche, servendosi di materiali inediti e di documentazione di grande rilievo, come americani e sovietici stessero realizzando un medesimo progetto: emendare il carattere dei tedeschi (e con essi degli europei) dai tratti loro derivanti dall’appartenenza a una cultura, ad una storia, a un destino. Il libro ha avuto più edizioni in Germania: l’edizione del 2004, ripubblicata senza modifiche nel 2009 e nel 2018, conteneva quattro nuovi capitoli mirati ad analizzare le diverse fasi di tale progetto di Ri-educazione. Di essi dà conto nell’edizione italiana il curatore nella Prefazione. Scherenck-Notzing sa che il vero conservatore: «non è un reazionario, al contrario è specializzato nella diagnosi precoce […] ed ha il senso delle istituzioni, che sono più sagge di coloro che di esse si servono e forgiano il costume e il diritto di una società» (p. XXXVIII).

   Sulla scorta di tali certezze, l’autore mette sull’avviso il lettore: il totalitarismo non è esclusiva dei sistemi dittatoriali, tratto totalitario è ascrivibile anche alla democrazia liberale: il suo sistema comunicativo, in Germania, violava palesemente, dopo la guerra, l’articolo 5 della Legge fondamentale fondandosi implicitamente sul silent treatment, sull’oscuramento delle voci di opposizione. Si delineava, in quel paese, una vita culturale apparentemente aperta, in realtà priva di reale dibattito, in quanto le voci dissenzienti venivano tacitate dal sistema, una «prigione senza muri». In tale contesto, la Germania venne considerata responsabile di un crimine etico-religioso irredimibile, l’Olocausto, e come tale stigmatizzata di fronte al mondo intero. Si badi, ad essere considerati responsabili non erano i nazisti, ma l’intero popolo tedesco. A tale aberrazione i tedeschi sarebbero stati condotti, stando a tale vulgata, da certa loro cultura «nazionale», segnata da una sequela di pensatori che da Novalis conduce ad Heidegger: bisognava sradicali da tale appartenenza. In una parola si tentò di rimodellare la realtà del popolo tedesco in qualcosa di diverso, come se: «la natura umana potesse essere rimodellata secondo una ricetta liberale» (p. VIII).

   Thomas Mann, dopo aver scritto le Considerazioni di un impolitico, ricorda Coppellotti, partecipò nel 1940 al Commitee on Europe. Il manifesto propagandistico ivi prodotto fu The City of Man. La democrazia moderna doveva essere imposta all’intera umanità, anche ai popoli recalcitranti. Tutto ciò in contraddizione con ciò di cui Mann nelle Considerazioni aveva mostrato di avere contezza: «portatrice dell’universale, dell’umano non è l’umanità come addizione degli individui, ma la nazione» (p. X). Da qui la necessità della ri-educazione e della sue fasi, scientemente perpetrate ed analizzate organicamente da Schrenck-Notzing. Si procedette, innanzitutto, all’istituzione di una commissione per le ricerche scientifiche presieduta da Max Horkheimer che produsse, tra gli altri,  due volumi sulla personalità autoritaria, atti ad indurre l’individuazione di potenziali «fascisti». L’Office of Public Affairs finanziò i filosofi francofortesi perché si facessero latori, attraverso le posizioni mutuate da Marx e Freud, di una rivoluzione antropologica che rendesse i tedeschi (e gli europei) docili e assuefatti consumatori nella società gaia ed edonista, orami in costruzione. Ciò implicava l’interiorizzazione del: «superamento del passato che considera l’esperienza della Shoah come una rottura della Zivilisation che non è storicizzabile» (p. XXIII).

   Nel 1960 i Ministri dell’Istruzione dei Länder decisero di sostituire nelle scuole superiori le lezioni di storia con ore mirate a costituire una nuova comunità democratica. Erich Müller-Gangloff considerò i giovani che seguivano i programmi da poco istituiti, come la prima generazione che riconquistava la speranza dopo la guerra. Botho Strauss così descrive il tedesco medio dopo il «lavaggio  del carattere»: «Egli parla ancora tedesco soltanto per pigrizia, la maggior parte delle sue emozioni e dei suoi interessi si esprimerebbero meglio in americano» (p. XVII). Così si è realizzata l’occupazione spirituale della Germania e dell’Europa. Se il Sessantotto ha rappresentato il pieno dispiegarsi della teologia economica, avendo la protesta studentesca e la conseguente rivoluzione sessuale liberato il capitalismo dagli ultimi vincoli etici, in Germania il movimento ha vissuto drammaticamente il rapporto con il «passato che non passa», giungendo all’identificazione semplicistica della Repubblica Federale con il Terzo Reich. L’assenza di una effettiva elaborazione della storia patria dal 1933 al 1945, ha prodotto la rivolta contro il Padre, portatore della Tradizione,   ritenuto responsabile di un reato religioso inemendabile. Da qui l’erompere del terrorismo della RAF.

  Questo libro, scritto in difesa del popolo contro l’astrattezza liberale, è latore, con Fichte della speranza di un Nuovi Inizio. L’era nuova fiorirà oltre la mercificazione universale imposta dallo straniero.

@barbadilloit

Giovanni Sessa

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Comments 1

  1. Werner says:
    6 anni ago

    «non è un reazionario, al contrario è specializzato nella diagnosi precoce […] ed ha il senso delle istituzioni, che sono più sagge di coloro che di esse si servono e forgiano il costume e il diritto di una società»: mi ci ritrovo abbastanza in questa definizione di conservatore. E aggiungo che il conservatore è colui che a differenza del reazionario recupera solo gli elementi positivi e giusti del passato, non tutti a prescindere per fare una restaurazione. Quanto al lavaggio del cervello e del carattere – con conseguente “castrazione” – operato nella Germania postbellica, governata a fasi alterne da CDU e SPD, altro non rappresenta che la piena attuazione di ciò che era iniziato ai tempi di Weimar (quando il paese divenne un postribolo, in particolare Berlino), e che solo l’affermazione del Nazionalsocialismo aveva interrotto. Ma all’epoca interrompere il periodo di degrado con Weimar era possibile a prescindere dal Nazismo, perché esisteva una larga fetta della popolazione, e della classe politica e militare tedesca, legate al vecchio regime autoritario guglielmino. Oggi il danno si è consumato, e temo sia irreversibile.

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