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Il caso (di P. Isotta). Se la donna incinta e multata sul bus è l’immagine della fine di Napoli

by Paolo Isotta*
22 Agosto 2019
in Cronache
3

Le mani le metto avanti io. Sono ripetitivo e noioso: come tutti i vecchi. Infatti fra due mesi compirò sessantanove anni: godo di buona salute, mi si tiene in piedi tutto, godo di una discreta memoria. Ma non faccio che ripetere che il mio primo orgoglio è di essere napoletano, anche se di sangue un po’ misto. E che cos’è il carattere dei veri napoletani?  Non ne esistono quasi più. Qualche giorno fa una bellissima signora mi ha fatto il dono di venire a trovarmi da Milano. Avrei voluto mostrarle il più bel Presepio del mondo, quello della Certosa di San Martino. Nel mese di agosto il personale è quasi tutto in ferie: la sezione era chiusa. Ci hanno suggerito di rivolgerci a un capo-servizio. Il gentiluomo, sentendo una mia acconcia preghiera (non feci l’errore di spiegare l’importanza della Signora: si sarebbe rifiutato, allora) e udendo la che dama era venuta da Milano apposta ci ha aperto le sale chiuse, lasciandocele visitare per tutto il tempo che volevamo. Non ha accettato, col suo collaboratore, nemmeno un caffè.

Questa era Napoli. Fare una cortesia era un piacere della vita.  Della quale miracolosamente ho ritrovato un frammento. E mi rendo conto che, raccontando questa storia, espongo il capo-servizio a un grave pericolo. Qualche superiore affetto da volontà di potenza gli farà, nel migliore dei casi, un ammonimento scritto, ma potrà sottoporlo a sanzioni anche gravi. E verrà elogiato dai suoi capi. Perché ormai non esiste più un’identità cittadina: solo una terribile schizofrenia cittadina.

E vengo a quel che è Napoli. Leggo su “rainews” che oggi, diciassette, una giovane donna è stata colta per istrada dalle doglie. È salita a volo su di un autobus diretto all’ospedale Cardarelli. Incredibile: sul mezzo c’era un controllore. Un caso su mille. Le ha chiesto il biglietto. La vera Napoli, quella che non esiste più, udendo il fatto, l’avrebbe fatta distendere sui sedili, la partoriente, le avrebbe fatto arrivare l’immancabile bicchiere d’acqua, qualche signora le avrebbe dato aria col ventaglio, l’avrebbero circondata di buone parole. Il controllore le ha emesso una multa per mancanza di biglietto: 71 euro. Poi l’ha obbligata anche a scendere. I passeggeri non si sono ribellati. Ciascuno si è fatto i cazzi suoi. San Gennaro ha accompagnato personalmente la partoriente, l’ha coperta col Paterno Manto; ed è sanamente nata una bella bambina. Mi auguro si chiami Gennara e non Jacaranda o Jennnifer.

Ma adesso debbo guardare il caso  dall’altro lato. Il comportamento del controllore è stato, oggettivamente, indegno. Egli merita di essere sputato in faccia; ma è stato un ligio esecutore delle norme. Ora, proviamo a metterci nei suoi panni. Che vita, farà costui? Forse sarà un Himmler affetto da delirio di onnipotenza. Conculcare chi è in una situazione di inferiorità rispetto a noi è una delle caratteristiche dell’essere umano, ch’è per lo più infame, traditore, avaro approfittatore, odiatore del prossimo e dei parenti. Con tutto ciò, che sia un Himmler dubito.

La vita del controllore. I “mezzi” sono pieni solo dei reietti della vita: negri, cingalesi, cinesi, sottoproletarii e miserabili nostrani; nonché persone civilissime che vivono in civilissima povertà. Basta provare il lezzo onde si è avvolti salendo. Gli sventurati sono violenti, la natura li costringe per autodifesa. Vi immaginate quante volte quel controllore, alla richiesta del biglietto, si sarà vista rivolta la punta di una “molletta”, ossia di un serramanico? Ovvero malmenato da un singolo o da un gruppo. Per bene che gli sia andata, minacciato: di minaccia seria, non vaniloquente. Non oso contare le ecchimosi, gli ematomi, gli schiaffi che avrà ricevuti. E quanti euro guadagnerà al mese questo padre di famiglia? Lavorerà, la moglie? Avrà figli studenti o disoccupati?

Voglio credere che quest’uomo non si trovasse, per vicissitudini personali, sui compos. Voglio credere che, a sua volta conculcato dagli altri e dalla vita stessa, abbia voluto per un istante sentirsi qualcuno, a onta della crudeltà che commetteva.

Ma questa è la Napoli di oggi. Non diversa da Tor Bella Monaca o dal Gratosoglio o dallo Zen. Noi, che possiamo pontificare e magari dire cose non banali, non ci rendiamo conto di quanto siamo privilegiati. Scriviamo dalle nostre scrivanie, in stanze con aria condizionata. Perché la vita è, quasi per tutti gli altri, un peso terribile da portare. Ma è l’unico nostro bene. A questa verità rispondo con un’altra verità: che ne è la contraddizione. La pronuncia Turno, che non è l’eroe inesorabile di tipo omerico: a Virgilio non poteva sfuggire che una coscienza tormentata. “Ille mihi ante alios fortunatusque laborum / egregiusque animi, qui, ne quid tale videret, / procubuit moriens et humum semel ore momordit”. Ecco la traduzione di Luca Canali: ottima; ma Virgilio è intraducibile perché non puoi spostargli neanche una sillaba: “Quegli è per me fortunato più di tutti fra gli affanni, / ed egregio d’animo, il quale, per non vedere tutto questo, /cadde morendo, e morse una volta per tutte la terra.” Hanno ragione ambedue, vero, Vittorio?

www.paoloisotta.it

*Da Libero Quotidiano del 21.8.2019

Paolo Isotta*

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Comments 3

  1. Werner says:
    6 anni ago

    Il fatto che la donna sia stata multata perché sprovvista di biglietto ci sta anche se incinta, ma considerata la condizione in cui si trovava, anche dopo averla multata poteva lasciarla stare comunque a bordo dell’autobus fino a quando non arrivava all’ospedale. Quello che dovrebbe indignare è il fatto che spesso i controllori non sono così particolarmente severi e inflessibili davanti a zingari ed extracomunitari che salgono tranquillamente senza biglietto sui mezzi pubblici.

  2. Guidobono says:
    6 anni ago

    Da sempre forti con i deboli e deboli con i forti: e poi qualcuno si chiede retoricamente perchè l’Italia sia il paradiso di vecchie e nuove criminalità…

  3. Marino says:
    6 anni ago

    Il popolo napoletano è tra i più incivili al mondo, come ha ben mostrato De Crescenzo in “32 dicembre”.

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