Mi è capitato di leggerne, in questi giorni, di cotte e di crude sulla sfilata di Dolce&Gabbana alla Valle Dei Templi. Idignazione, sgomento, scandalo. I commenti lapidari provengono, quasi in toto, da siciliani. Gli stessi siciliani che -noblesse oblige- degustano granite tra le munnizze, sporcano le spiagge, costruiscono scempi abusivi, scaricano liquami in mare, deturpano le piazze, i porti, le strade. Gli stessi siciliani che fanno marcire i centri storici, morire i teatri, i musei, i siti archeologici, i castelli federiciani, i palazzi nobiliari.
Sono sempre loro, le eterne vittime dell’universo, lamintusi, sfacinnati, ciechi di fronte al proprio autolesionismo e disastro, improvvisamente svegli per combattere battaglie inutili a colpi di j’accuse e murmuriamenti. Il tempio della Concordia può sparire soffocato dal cemento, dall’incuria, dall’indifferenza, ma improvvisamente tutti a battersi il petto se qualcuno decide di investire e portare da Parigi, New York, Mosca e Hong Kong giornalisti e buyers per un evento internazionale che celebra arte, haute couture, alta gioielleria, in uno dei luoghi più belli dell’isola e del Mediterraneo, facendo in un giorno quello che decenni di mala gestione e infima politica non sono state in grado di fare: e cioè non vergognarsi di ostentare, esibire, sbattere arrogantemente in faccia al mondo la Bellezza abbagliante, fiera e opulenta della Sicilia che, anche se per un solo giorno, sa gareggiare alla folle corsa del Mondo, soverchiandolo.
Quindi i Greci che non hanno concesso l’Acropoli di Atene per una sfilata di Gucci sono scemi?