Se effettivamente, come titola Il Giornale di venerdì 28 giugno, “entro l’estate rinasce Forza Italia”, ciò vuol dire anche che finisce il ciclo del centrodestra a guida berlusconiana, e con esso finisce, anzi muore per la seconda volta, anche la Destra politica che a lui si era alleata e collegata.
Infatti, si può legittimamente affermare che mentre il PdL, che assommava Forza Italia e Alleanza Nazionale e altri (gli ex dc di Rotondi ecc.) poteva ben definirsi “centrodestra”, un partito che torna al nome delle origini – Forza Italia – rimane soltanto di “centro”, un misto di ex dc, ex socialisti, liberali vari, ed in cui gli ex AN si amalgamo e dissolvono definitivamente senza più identità: la tesi dei vari Augello e Matteoli di voler restare nel PdL per esserne il nucleo destrorso non regge più. Forza Italia è e sarà un partito centrista, al massimo un utopico partito liberale di massa, la Destra essendo tutt’altra cosa, magari ancora incarnata nel gruppetto di Fratelli d’Italia.
Si conclude così un percorso aberrante e disastroso, compiuto ciecamente da tutta la classe dirigente del MSI-AN che accettò senza fiatare (unica voce contraria Roberto Menia, al quale però si deve imputare per i suoi maneggi la perdita del sindaco di Trieste e l’aver poi aderito a Futuro e Libertà) la proposta finesca di fondersi nel Popolo della Libertà dover averlo inizialmente dileggiato (“Siamo alle comiche finali!”).E non si può dire che non fossero stati avvertiti dai soliti intellettuali del cazzo…
Un percorso suicida che ha fatto scomparire in pratica la Destra dal panorama politico nazionale. Che siano scomparsi Fini, Bocchino, Briguglio e alcuni caudatari strafottenti in ambito giornalistico, non ce ne duole affatto, ma si dovrebbe meditare sinceramente e umilmente su di esso e sui risultati che abbiamo sotto gli occhi, e sulle prospettive future.
L’ipotesi di una “costituente” per ridar vita ad una “cosa nera” o “cosa tricolore” in teoria accettabile, lascia perplessi e quasi sgomenti dal fatto che per “rifondare” la Destra si riunirebbero proprio i responsabili della sua epocale disfatta, tutti coloro i quali hanno sulla coscienza la situazione attuale grazie alle loro decisioni, non-decisioni, indecisioni, paure, incertezze, retropensieri, strategie errate, condizionamenti esterni, personalismi, cambiamenti di idee. E soprattutto succubi della loro incapacità di ammettere di aver sbagliato e quindi costretti a fare un esame di coscienza politico. Come ci si può fidare di loro, considerando che in questa “costituente” sarebbero presenti personaggi che si odiano a vicenda per motivi politici e personali ed hanno preso strade opposte (ex MSI, ex AN, ex PdL, ex FI ecc.)? Che cosa mai ne uscirebbe fuori? Come ci si potrebbe affidare a quel che ne uscisse?
E’ un po’ la situazione che si ritrova tra i componenti della Fondazione Alleanza Nazionale che potrebbe e dovrebbe gestire un patrimonio assai cospicuo in liquidi e immobili. Le varie componenti lì presenti e costrette a convivere si annullano a vicenda e paralizzano la istituzione gestionale, ognuno ovviamente volendo utilizzarla per la parte che rappresentano. Eppure potrebbe essere un punto di partenza comune. Oltre a cercare di mettere a frutto gli immobili di proprietà invece di tenerli chiusi e vuoti, l’unica cosa che abbia un senso politico a lunga scadenza sarebbe istituire nelle città grandi e piccole in cui esiste un immobile o abitazione o locale adatto un centro culturale che si attrezzi come biblioteca di consultazione, studio e prestito, ma anche come centro di formazione per i giovani che possono costituire una futura classe dirigente, ovviamente con persone qualificate che parlino loro secondo un disegno coordinato e programmato, e che lo facciano professionalmente (il che vuol dire non gratuitamente) dato che la Fondazione può permetterselo, avendo dalla sua un notevole capitale immobilizzato. A questo punto la scusa della “militanza”, che ha avuto un senso fino a venti anni fa (a parte le ingratitudini), oggi sarebbe soltanto una presa per i fondelli.
In tal modo si cercherebbe di colmate uno iato, di riempire un vuoto generazionale, i cui responsabili sono, appunto,tutti coloro che hanno fatto parte dell’attuale ex classe dirigente di AN e PdL, quasi nessuno escluso. Dal 1993 è stata bruciata una generazione se non due: da un lato con l’aver tenuti ai margini, se non boicottati, tutti i giovani preparati e competenti e disinteressati per paura che facessero ombra, preferendo gli yes-man alla faccia della tanto conclamata meritocrazia; da un altro lato con il non aver proprio provveduto a creare una classe giovanile all’altezza delle nuove responsabilità di potere politico e gestione amministrativa che potesse prende, al momento giusto, il posto della vecchia. Insomma classica “circolazione delle élites” paretiana che non solo la gerontocrazia democratica ha dimenticato e rimosso, ma anche quella di Destra inchiavardata alle nuove poltrone. Ora il momento sembrerebbe giunto, ma si porrà sempre il problema di cosa dire a questi ragazzi, di che parlare, a quali autori fare riferimento, quali tesi ideologiche, politiche e culturali proporre ed esposte in quali opere, a quali “visioni del mondo” ispirarsi, che prospettive a breve, medio e lungo termine definire, che proporre sul piano sociale ed economico. E di certo su tutto questo le varie componenti presenti nella Fondazione hanno idee diverse, se non opposte. Senza contare il loro probabile condizionamento da parte del “politicamente corretto” e di quanto scrivono e scriverebbero tutti i media centristi e di sinistra per i quali la Destra non deve esistere a meno che non sia “liberale” e non abbia alcuna sua specifica identità. E quindi non se ne farà nulla. Purtroppo.
Così si consumerà il suicidio della Destra e tutto resterà sulle spalle e nella responsabilità dei singoli che vorranno, contro tutto e tutti, portare avanti una idealità, una sensibilità e una “visione del mondo” di destra.