Dopo le manifestazioni di piazza contro la legge Taubira – che istituisce, tra le altre cose, i matrimoni e le adozioni per le coppie omosessuali – e le relative reazioni fin troppo “muscolari” delle forze dell’ordine, l’immagine del presidente francese, Francois Hollande, è risultata piuttosto appannata, a vantaggio della destra istituzionale dell’UMP e della destra identitaria del Front National. L’impopolarità – derivante anche da alcuni scandali che hanno visto coinvolti membri importanti dello staff presidenziale – si è espressa in una schiacciante sconfitta del Partito socialista alle elezioni suppletive del 16 giugno, che servivano a rimpiazzare il seggio di Jérôme Cahuzac, reo di aver nascosto dei conti correnti.
Il 23 giugno, al ballottaggio, ha vinto l’UMP, con il 53% dei voti, ma il dato, definito allarmante sia da UMP che da PS, è stato il 47% del Front National, che in tempi passati ai ballottaggi perdeva sonoramente, grazie ai “pentimenti” (dopo veri e propri appelli a votare contro il Fn) di chi aveva votato Le Pen al primo turno. Questa volta invece il voto alla formazione di destra è convinto e si mantiene nel tempo, facendo cantare vittoria a Marine Le Pen e lasciando di stucco i «partiti del sistema», come li definisce la stessa Marine.
Adesso il governo francese rischia grossi problemi. Il sistema semipresidenziale francese è di certo molto più stabile di quello italiano, ma l’elezione appena celebrata è l’ottava suppletiva, nell’arco di un anno, in cui il PS perde un seggio. La maggioranza si ritrova quindi con soli tre seggi di vantaggio sull’opposizione, in balia degli umori delle formazioni minori, ecologisti e sinistra radicale, che sono ormai l’ago della bilancia che determinerà o meno lo stallo parlamentare.
Intanto nel campo opposto l’UMP si interroga sulla propria identità. Accusato dal PS di essersi appiattito sulle posizioni lepeniste e di rompere quindi l’unità del fronte repubblicano, il partito gollista si ritrova di fatto lacerato fra le posizioni moderate e quelle definite estremiste, consapevole di non poter tornare indietro di fronte all’avanzata di posizioni sempre più intransigenti sul fronte della difesa del ceto medio-basso all’interno dell’elettorato non di sinistra.