La nostra connaturata passione per i vinti (a chi ci legge di immaginare quali) ci spinge a solidarizzare per Silvio Berlusconi, costretto ad una serie di processi da guiness dei primati ed inseguito da una sequela di condanne che sembrano inesauribili. Ciò premesso, bisogna però prendere atto che, al di là di qualsiasi moralismo e perfino al di là di qualsiasi volontà persecutoria da parte di certa magistratura, i processi e le condanne subite dal Cavaliere hanno un significato spiccatamente politico, che sarebbe superficiale non considerare nella loro portata. E non tanto – sia chiaro – per sviluppare l’ennesimo attacco alla fortezza-Magistratura o per dichiarare – come fa Giuliano Ferrara, a cui va riconosciuto un bel fegataccio – che “Siamo tutti puttane”.
Volenti o nolenti i processi e le condanne, giuste o ingiuste, alla prova dei fatti, poco importa, rappresentano un passaggio essenziale sulla via del tramonto della Seconda Repubblica, durata, con fasi alterne, l’arco di un ventennio, dei suoi protagonisti, dei modelli che ha incarnato, dell’antropologia politico-culturale che ha espresso.
Ricordate? O di qua o di là. Dove i motivi del contendere sono stati via-via l’intramontabile dicotomia anticomunismo vs. comunismo (spesso presunto), antifascismo vs. fascismo (spesso immaginato), berlusconismo vs. antiberlusconismo, antistatalismo vs. statalismo, populismo vs. antipopulismo, ipo-politica vs. iper-politica. Il tutto omogeneizzato all’interno di un sistema mass-mediatico, in cui a prevalere è stato il messaggio emotivo e semplificatorio, con buona pace per le ragioni fondanti, i programmi, le scelte “di valore”. O di qua o di là. Con il risultato che per rincorrere le rispettive (false) appartenenze di schieramento (il mitico bipolarismo) si sono liquefatte storie, idee, opportunità programmatiche, prendendo per stanchezza strati sempre più ampi di popolazione, naturalmente spinti verso l’assenteismo. O di qua o di là. Mentre il mondo continuava a girare sempre più vorticosamente, incrinando vecchie certezze e costruendo nuovi aggregati, ecco emergere nuove generazioni e con esse nuove domande (di senso, di vita, di politica), in attesa di trovare risposte risolutive.
Tutto questo cosa c’entra con il “Berlusconi macellato”? C’entra tantissimo, visto che comunque, passata la stagione dell’orgoglio e dell’appartenenza espressa dal suo popolo, con i problemi irrisolti lasciati in eredità dal ventennio passato, dovremo tutti fare i conti. E non tanto o non solo con i problemi legati allo spread, al deficit, ai ritardi socio-economici, alla disoccupazione, quanto con l’idea di fondo su che cosa significhi, oggi, Politica e quindi appartenenza, coesione sociale, democrazia, rappresentanza, solidarietà, decisione, selezione. Insomma una ricerca di significato e di significati che non abbiano nulla a che spartire con le visioni “consolatorie” (o di qua o di là) che per un ventennio hanno dettato legge, dentro e fuori le aule dei tribunali.