Il 15 aprile del 2009, dieci anni fa, Giano Accame ci lasciava. Tanti in questi giorni ricordano la sua figura, il suo impegno nella politica e nel giornalismo.
Gli scenari italiani e internazionali sono cambiati e anche per questo si sente la mancanza delle parole di Giano Accame. C’è chi insieme al suo nome ha ricordato quello di Beppe Niccolai. Erano molto legati tra loro. Niccolai anagraficamente era più grande di Accame, lui nato nel 1920, Giano nel 1928. Niccolai aveva patito da soldato della RSI la prigionia nel Fascists’ Criminal Camp di Hereford, in Texas. Gli statunitensi definivano “non cooperatori” coloro i quali avevano voluto mantenere l’impegno preso giurando fedeltà alla RSI.
Il destino di Accame fu bizzarro, se così lo si può definire: si arruolò nella Marina della RSI il 25 aprile 1945, giusto in tempo per essere incarcerato. Costretto a fare un confronto tra i politici di ieri e quelli di oggi mi trovo a disagio. Questi ultimi pensano che possa bastare una etichetta, ad esempio quella di “sovranista” oppure no, per fare politica, aiutati, va detto, dai mezzi di informazione, che all’approfondimento preferiscono i titoli ad effetto, con contenuti spesso alquanto superficiali. Anche i social hanno finito per impoverire il livello del dibattito politico, con l’aggravante di aver creato peraltro l’illusione dell’allargamento della platea dei fruitori della materia politica. Forse è stato mal digerita l’affermazione di Marhall McLuhan, sociologo della comunicazione, quando affermava che “il mezzo è il messaggio”.La sintesi è positiva, ma non tutto si può ridurre ai 140 caratteri di un tweet (ora i caratteri a disposizione sono aumentati, ma il problema resta). I social devono essere considerati per quello che sono, uno strumento nuovo, una nuova tecnologia,utilizzabili anche dalla politica, ma non possono ovviare alla pochezza o alla superficialità dei contenuti. Giano Accame e Beppe Niccolai avevano una capacità di analisi fuori del comune, sapevano elaborare proposte calate nei tempi che vivevano. Non avevano rinnegato il loro passato, senza per questo rimanere con gli orologi fermi al 1945. Le loro capacità di analisi e di elaborazione di proposte spesso li poneva in contrasto con il loro ambiente umano e politico, quello del MSI. Niccolai morì nel 1989, dieci prima di Accame: per il primo non si parlava di social, nel caso del secondo erano gli albori dei social. Eppure i loro scritti mantengono ancora una freschezza e una ricchezza di contenuti, che si fatica a trovare oggi. Come non rimpiangere quello che scriveva sullo strapotere del FMI Niccolai sul finire degli anni ’80 oppure gli interventi di Accame sul periodico Area? Voci autorevoli hanno rimarcato più volte il vuoto culturale che si trova nei politici di destra. O forse dovrei scrivere di centro-destra (lo stesso quadro desolante è riferibile al centro-sinistra). Al contrario per quanto riguarda il centro-destra bisogna riconoscere che c’è molto effervescenza sul piano culturale (blog, siti di informazione, editoria). Ma se la politica non sa proporre contenuti veri forse è uno sforzo vano.
Grazie per il doppio ricordo di Accame, e magari il dott. Nistri, penna altrettanto intelligente, potrebbe iniziare una collaborazione con Barbadillo