LO DICO AL FATTO (rubrica delle lettere del quotidiano di Marco Travaglio
Ho letto il dibattito tra Angelo Petrella e Fabrizio d’Esposito a proposito della “questione napoletana”. Mi sembra un argomento interessante, alla luce del fiorire di letteratura, musica e arte partenopee cui abbiamo assistito negli ultimi dieci anni. Mi chiedo e vi chiedo, però, che senso ha nel 2019 parlare ancora di una “questione meridionale”. Non dovremmo aver superato i confini territoriali, almeno nel mondo della cultura?
Agnese Arbasino
Signora Agnese Arbasino, gentilissima,
ha senso parlare di questione – partenopea, siciliana, calabrese e meridionale in genere – perché proprio non s’è mai risolta. Nel mondo della cultura, poi, meno che mai se l’Italia non ha mai saputo manovrare un Giambattista Vico, tra i giganti del pensiero universale, alla stregua di quel che fanno i tedeschi con un Gottfried Leibniz.
Non serve che al pittoresco un Gomorra, tanto quanto un Mario Puzo col Padrino, se tutto quel profondersi di gnagnera va a finire nella retorica della legalità o, Diocenescampi, nell’impegno.
Il pensiero meridiano ha una sola funzione, svegliare finalmente la politica nella direzione obbligata: il Mediterraneo. E non per farne un campanile, un cortile chiuso, al contrario: per l’opportunità ghiotta di acchiapparsi il futuro perché la contemporaneità – quella di tutti, Europa, Africa, Asia e quel che resta dell’Occidente – passa sotto il nostro naso.
La Questione meridionale, infine, si risolve in un solo modo: copiando.
Non c’è altro che ripetere ciò che Helmut Kohl fece nella sua Germania: riunire la nazione. Ed è un atto politico che impegna l’Italia in qualcosa che non è mai stato fatto.
Ecco, riunire le due parti separate: il Sud che ebbe risorse e sapienza intellettuali, il Nord che ha guadagnato un benessere collaudato nelle virtù sociali.
Basti pensare a cos’era il Veneto dell’esodo migratorio, e così osservare – oggi – a cosa si sia ridotto il Mezzogiorno della penisola: un territorio svuotato di vita e di speranza.
La questione è tutta al Sud: coi giovani che se ne vanno via, e con un’emorragia inarrestabile di “cervelli”, “professionalità” e “speranze” neppure compensata dall’arrivo dei migranti.
Lo so di ripetermi, gentile signora, ma devo ripetermi perché a questo punto il copione lo prevede. Con Leo Longanesi, stanco di troppe retoriche, urge la battuta: “Per quel che mi riguarda il problema del Mezzogiorno io l’ho risolto, mangio all’Una!”.
Pietrangelo Buttafuoco
Afferma bene Longanesi “mangio all’Una” solo in questo modo si imbandiera la lunga sequela di fatti eventi e parole perlopiù fastidiose queste attaccaticce questioni bisogna dare le esequie avrebbe affermato Vico.
Al solito non si capisce nulla di quel che scrivi. Non hai nessuno a cui leggere i tuoi parti intellettuali prima d’inviarli?