L’ultimo atto d’iconoclastia politically correct è stato compiuto addirittura da una prete negli Stati Uniti: il reverendo Jonh I. Jenkins, presidente cioè dell’Università cattolica di Notre Dame in Indiana. A farne le spese un affresco dedicato a Cristoforo Colombo, il navigante genovese che nel 1492 scoprì le Americhe. Avesse potuto – racconta Matteo Matzuzzi del Foglio — Jenkins avrebbe fatto staccare il dipinto dalla parete ma “qualsiasi tentativo di spostare l’opera l’avrebbe probabilmente distrutta”. Più prudente, invece, la semplice censura di una personalità storica a cui ultimamente sono addebitate fin troppe responsabilità circa le violenze subite degli indios con la scoperta del nuovo mondo.
PAOLO MIELI AVVERTE
Una strana idiozia sta colpendo l’Occidente, a partire da quei ceti liberal che – senza rendersene conto – son scivolati su posizioni chiaramente illiberali se non liberticide. Dopo due decenni di politicamente corretto, è la narrazione storica a palesare i sintomi di una malattia che può essere letale. Un piano inclinato che a Paolo Mieli, storico di professione e divulgatore per missione, fa strabuzzare gli occhi e gridare aiuto. “Quando il presente invade il passato, chi stabilisce i confini che dovrebbero porre un limite all’invasione?”, si chiede l’ex direttore del Corriere nell’introduzione a Lampi sulla Storia. Intrecci tra passato e presente (Rizzoli).
SACROSANTA OSSERVAZIONE
Che l’interrogativo sia urgente, manco a dirlo. Perché rischia di essere il terreno di scontro culturale dei prossimi trent’anni senza una chiara presa di coscienza di quanto certa classe intellettuale sia allo sbando. “Ogni volta che noi professori censuriamo idee ritenute minacciose per la nostra tranquillità, tradiamo la missione dell’università che è quella di educare al pensiero critico – scrive Mieli citando Niall Ferguson – Gli alfieri del politicamente corretto sembrano propugnare tutte le forme di diversità tranne la diversità ideologica: non è un caso se il novanta per cento dell’accademia statunitense è dichiaratamente liberal e di sinistra. L’effetto di queste due forme d’involuzione fa sì che oggi, in molti atenei americani, sia possibile seguire corsi su Le emozioni nella letteratura femminile dell’Australia contemporanea e sia difficile trovarne qualcuno di storia dedicato alla Costituzione degli Stati Uniti, alla Guerra Civile o a George Washington”.
LA MERAVIGLIA
L’invito di Mieli non è dunque quello di censurare il passato sulla scorta di visioni che renderebbero inservibile l’intera storia umana e la sua complessità. La richiesta è semmai d’incrociare le epoche, rendendosi intellettualmente disponibili all’imprevedibile. “Se ci immergiamo nel passato liberi da pregiudizi, possiamo accedere a scoperte di grande interesse, individuare elementi utili alla comprensione del presente”, spiega lo storico. Perché “guardare al passato scevri da tesi predefinite o giudizi precostituiti ci permette di raggiungere consapevolezza fondamentali per la nostra valutazione del presente”. Un testo da leggere assolutamente: una bussola per comprendere che l’uso della storia come strumento di sopraffazione è un’arma assolutamente impropria che non genera libertà semmai ignoranza.
*Paolo Mieli, Lampi sulla Storia. Intrecci tra passato e presente (Rizzoli, 2018).
Il liberale, nel senso più completo del termine, dovrebbe essere colui che rispetta qualsiasi opinione, a prescindere se in linea o in contrasto col suo pensiero. E invece no, come fa ben notare l’articolo, il liberale, soprattutto quello di sinistra tipo Radicali e PD, é liberticida perché silura fin da subito chiunque non esprima posizioni allineate al PUD liberalprogressista, etichettandolo come “reazionario” o “fascista”. Guai infatti a esprimere posizioni contrarie ai presunti diritti civili, quali aborto, unioni gay, eutanasia, cittadinanza facile, immigrazione illimitata, ecc., o al neoliberismo, vale a dire contro le privatizzazioni selvagge, il libero mercato, la globalizzazione, lo strapotere della finanza, ecc., pena la demonizzazione e l’emarginazione da parte loro, o peggio ancora, la censura. Siamo sicuri che il liberalismo, specie nella sua variante “liberal”, sia meno totalitario del comunismo?
Le radici, giá qualche decennio fa era saltata fuori questa problematica le banche hanno favorito perlopiù il rischio e giuridicamente hanno favorito l’atteggiamento del granchio non sapendo più con chi prendersela hanno voluto colpire la scoperta.
E che palle ‘sti troll analfabeti.
No, Werner. Io sono contrarissimo agli eccessi ed intolleranze liberal, ma l’autentico liberalismo non è assolutamente totalitario, neppur lontanamente paragonabile alla follia marx-leninista che andò al potere in Russia nel 1917… Ti ricordi quando nessun giornalista voleva partecipare alle televisive “Tribuna Politica” quando c’era un esponente del MSI? Ebbene, gli unici a farlo erano i liberali di Malagodi.
Confesso che non so’cosa voglia esattamente dire essere Liberale,sembrerebbe voglia dire il tutto ed il contrario di tutto.No,non puo essere.Pero’ mi ricordo di Pannella che si dichiarava sempre essere Liberale,allora anche la Bonino lo e’cosi’ come Adele Faccio lo fu’..””Oh SAN GIOVANNI DECOLLATO aiutami tu”” Mi ricordo pure di un certo Zanone addirittura Segretario dei Liberali,””OH SAN CAFASSO MARTIRE “”aiutami tu..Ma non e’ che anche la Boldrina si professera’ liberale!! “”HO SANTA ERMENELGILDA VEGINE(cosa ti sei perso)aiutami tu. Se esserlo nel senso piu’ completo del termine dovrebbe essere colui che rispetta qualsiasi opinion a prescindere se in linea o in contrasto col suo pensiero…Ma allora il vero liberale era ALMIRANTE anni ottanta..Ma non era FASCISTA???