Il 2 luglio dell’anno scorso la Francia ha sancito la chiusura dei suoi porti alle navi che trasportano immigrati. Questo nonostante il paese di Marianne si sia sempre proclamato a favore dell’immigrazione e disponibile ad aiutare l’Africa. Ma la politica “interventista” francese continua.
I Paesi emergenti (Cina, Brasile, Turchia e India) puntano a impossessarsi delle risorse africane. La Francia, di contro, fa di tutto per proseguire a esercitare la sua influenza nel continente nero. Le relazioni fra Francia ed ex colonie africane (definite “Françafrique”) non sono state sempre chiare. Lo scopo è senz’altro quello di mantenere il controllo politico di vaste aree del continente nero ma in ballo ci sono anche interessi economici. Tutto questo viene sempre spacciato da Macron oggi, da Sarkozy in passato, come politica di appoggio ai Paesi africani, compresi quelli che tutt’oggi la Francia continua a considerare più o meno dei protettorati. La necessità di garantirsi risorse naturali e materie prime detta l’agenda politica della Francia, altro che apertura, collaborazione, amicizia ecc. L’uranio del Niger e della Repubblica Centroafricana, il petrolio del Gabon e del Ciad e le risorse agricole e i metalli della Guinea sono in cima ai desiderata del governo francese. Tanto è vero che la Francia spesso, molto spesso, è intervenuta militarmente nelle sue ex colonie. Un breve elenco. In Costa d’Avorio, durante la guerra civile tra il 2002 e il 2004, intervennero ben 5mila soldati cui fu affiancata anche una missione di Caschi blu. Poi, nel 2006, intervento nel Ciad: i francesi fermarono l’avanzata dei ribelli che volevano rovesciare il presidente Idriss Deby, che non poteva certo essere definito un campione della democrazia. I francesi lo difesero. Nel 2011, Parigi in primo piano nella missione internazionale in Libia contro Muammar Gheddafi, l’intervento all’origine degli sconvolgimenti relativi all’ondata migratoria sulle coste italiane. Sempre nel 2011 Parigi intervenne ancora in Costa d’Avorio catturando il presidente Laurent Gbagbo, inviso all’Eliseo.
Nel 2012 intervento francese nel Mali, con migliaia di soldati contro i jihadisti: un’area dove la Francia aveva – e ha – sempre grande influenza e non voleva perderla. Ma soprattutto intendeva proteggere i propri interessi economici: innanzitutto l’uranio del vicino Niger. Quasi l’80 per cento della produzione di elettricità oltralpe deriva dall’uranio. Nessun altro Paese ha una produzione così alta. Infatti, la Francia è il primo paese al mondo nell’export di energia elettrica. Altri interventi militari tuttora in corso sono in Burkina-Faso, Mauritania, Ciad, Niger, Mali.
Non sono proprio interventi disinteressati, fatti nel nome della democrazia come i capi di Stato francesi hanno sempre sostenuto.
Macron rappresenta un Paese democratico che per secoli ha sfruttato l’Africa con una politica di pesante colonialismo che nei decenni scorsi ha assunto altre forme di sfruttamento. Quindici Paesi africani (Isole Comore, Benin, Burkina Faso, Guinea-Bissau, Mali, Niger, Costa d’Avorio, Camerun, Senegal, Togo, Ciad, Repubblica centrafricana, Guinea Equatoriale, Congo-Brazzaville, Gabon) sono in condizioni di povertà e sotto il giogo di Parigi sin dal 1961 per l’imposizione, da parte di de Gaulle di accordi di “decolonializzazione”. Attualmente pare che diversi accordi siano stati “depotenziati” ma resta ciò che è stato fatto finora. “Accordi segreti” che furono stipulati sulla base dell’impegno inderogabile da parte dei 15 Paesi di depositare l’85 per cento delle loro riserve di valuta estera nella Banca centrale francese: colonialismo sotto altre forme, senza impegnare strutture amministrative, senza dispiegare forze armate come ai tempi delle colonie. E’ un debito coloniale vero e proprio per questi Paesi.
Negli anni Sessanta qualche capo di Stato africano coraggiosamente ha tentato di ribellarsi non accettando questo “patto”. La risposta? Colpi di Stato che rovesciavano i governi dissidenti e mettevano al potere obbedienti governi fantoccio. Sono stati calcolati ben 45 colpi di Stato, alcuni forse guidati da Parigi, altri da grosse imprese con interessi in Africa.
Un esempio per tutti: il primo presidente della Repubblica del Togo (Africa occidentale) Sylvanus Olimpio decise di respingere il patto del “debito coloniale” imposto da De Gaulle a vari Stati africani per i benefici ricavati dalla politica coloniale francese. Finì male per il Paese africano. All’inizio, Olimpio fu disponibile a versare alla Francia il debito annuale ma il totale imposto era talmente elevato che il rimborso del cosiddetto “debito coloniale” creò grosse difficoltà all’economia togolese. Per superare l’impasse Olympio fece uscire la sua nazione dalla moneta coloniale francese, il Fcfa (il franco delle colonie francesi d’Africa), e coniò una nuova moneta. Tre giorni dopo, il 13 gennaio 1963, un commando di soldati uccise Olympio, primo presidente eletto liberamente nella neoindipendente Africa. A capo dei soldati c’era un ex sottufficale della Legione straniera, Gnassingbe Eyadema, che nel 1967 divenne presidente del Togo. Nel 1999 Jacques Chirac, durante una visita in quella nazione, dopo aver criticato la pubblicazione di un dossier di Amnesty International che denunciava le condizoni di vita nel Togo, definendolo frutto di una “manipolazione”, dichiarando Eyadema un “amico intimo suo e della Francia”. Inutile dire che pur di mantenere il proprio potere il dittatore mantenne il paese africano nella sfera d’influenza francese.
Altri casi di questo genere si verificarono in Africa. Insomma, la Francia crea una moneta fittizia che ha circolazione solo per questi Paesi africani e in cambio si fa consegnare le riserve. Carta in cambio di valuta: un fiume di miliardi di euro l’anno finiscono nelle casse della Francia oltre al diritto di prelazione su tutte le esportazioni… Nel 2008 l’ex presidente francese Jacques Chirac affermò: “Senza l’Africa, la Francia scivolerebbe a livello di una potenza del Terzo mondo”. C’è’ da crederci.
(Il Borghese, agosto-settembre 2018)
Tutti possono criticare Macron, tranne i comunistoidi 5 stalle… la feccia della peggiore Italia…