Mario Mandzukic. Basta la parola. Un generoso. Altruista. Un lottatore. Un modello. Conta più l’esempio delle parole. L’attaccante croato della Juve è stato decisivo nel derby con il Toro. Un rigore conquistato, tanti interventi in fase di copertura, 90′ di sportellate con gli avversari e anche un gol annullato. Nulla di nuovo.
Mandzukic è il prototipo del “camerata”, di chi pratica l’etica del dono, che si lancia oltre l’ostacolo con tutto il cuore. Senza fare calcoli. E così genera una virtuosa emulazione.
“Dare, ricevere e ricambiare non sono consuetudini facoltative, ma obblighi sociali. Se si vuole avere un ruolo di prestigio nella società, ma anche solamente se si vuole essere riconosciuti sufficientemente onorevoli anche solo per far parte della società, allora è necessario “dare”; esattamente come è necessario “ricevere”, per permettere all’altro individuo di dimostrare a sua volta le proprie virtù. Rifiutarsi di “ricevere” da qualcuno è un’offesa se possibile ancora più grande del non donargli niente. Infine è fondamentale “ricambiare”, e non solo con un altro dono ma con qualcosa che superi ciò che si è ricevuto, pena offendere la dignità dell’individuo a cui si ricambia ed il dimostrarsi empi verso gli dei, a causa della propria ingratitudine”: questa l’elaborazione dell’etica del dono in una tesi per la Luiss.
E così dai testi accademici al calcio il passo è breve. Nella Juve stellare l’individualismo spinto e neoliberista di Cristiano Ronaldo è possibile solo grazie al sacrificio per la comunità di Mandzukic che alimenta una reazione collettiva, costringendo tutti ad impegnarsi oltre il limite pregresso.
Mandzukic, in conclusione, è un archetipo che dal pallone può essere declinato nella vita. E’ un modello di altruismo costruttivo. Può diventare il perno di una comunità sportiva, la squadra, o di una comunità nazionale, la patria. Partendo dal dono e dal donare. Oltre ogni egoismo consumistico.
@barbadilloit
Bell’articolo. Grande Mandzu!