Il mondo della cosiddetta “controcultura giovanile” è agitato da una diatriba che si trasforma in diaspora. Il gruppo “indie-rock” Lo stato sociale ha partecipato al Festival di Sanremo con la canzone Una vita in vacanza; indi uno dei membri, Lodo Guenzi, entrerà in “X Factor 2018” in qualità di giurato, insieme con Manuel Agnelli, Mara Maionchi e Fedez, dopo l’esclusione di Asia Argento. Le due partecipazioni “hanno per molti svilito il precedente percorso di denuncia sociale, rappresentativo dell’anima underground”.
Esordisco con una digressione. La faccenda di Asia Argento (che io non toccherei con la punta di un dito) e dell’ex adolescente suo accusatore si sintetizza in due massime. La prima è evangelica: Chi di spada ferisce di spada perisce. La seconda è del diritto romano: ove vi sia la par causa turpitudinis, ossia le ragioni dei contendenti siano parimenti turpi, la legge si rifiuta di intervenire.
La band bolognese è fatta di ragazzi simpatici e carini, che non si tagliano i capelli come i calciatori e i portatori di pizze a domicilio e forse addirittura si lavano. Cantano graziose canzoncine su melodie insignificanti e concetti blandamente banali ammantati di filosofia da Baci Perugina. Che il loro comportamento ultimo possa segnare un abbassamento della tensione di “denuncia sociale” è cosa interna a un mondo affatto chiuso: dall’esterno le sfumature sono difficili da percepire, come le sottilissime dispute dei teologi sulla natura del Padre e del Figlio e sulla “precessione ipostatica” narrate da Gibbon, in modo tuttora insuperato, nella Storia della decadenza e caduta dell’Impero romano. Che sono fra i casi di massimo abbassamento del pensiero conosciuti dalla storia. Peraltro, quando potevano, costoro si mandavano reciprocamente al rogo.
Questi signorini, e i loro colleghi giudici di “X Factor”, fanno parte di un ambiente omogeneo all’estremo di che si collocano i per me ripugnanti 99 Posse, per i quali la liberazione degli oppressi consisterebbe nell’anello nel naso e i sacrifici umani in onore di Moloch, e Piero Pelù. Della stessa razza era Pino Daniele, oggi divinizzato, che stonava e storpiava la lingua napoletana della quale pretendeva di essere espressione, e i varî Bennato e Montecorvino. Propugnano la rivoluzione e ci fanno i soldi. Che ci facciano i soldi, è giusto, visto che trovano chi glieli dà. Il loro pubblico è in gran parte una massa di diseredati che possiede un’istruzione al di sotto della prima elementare di sessant’anni fa. Sono sottopagati, sfruttati, vivono in spaventosi quartieri-ghetto. Quando lavorano, sono in quello stato che marxianamente si chiama alienazione. Pensate agli operatori dei call center o a quelli che confezionano i pacchi di amazon: un contadino del Medio Evo aveva uno stato assai migliore. Ma, ecco il punto: le canzoni di costoro sono, sempre marxianamente, un oppio, che prende il posto, in quanto tale, della religione, da loro (eventualmente) sostituita con le cartomanti televisive. Bastano, appagandoli, a esaurire e ottundere ogni autentica spinta di rivendicazione alla giustizia sociale. Il plusvalore, insegna sempre Marx, aumenta progressivamente, i ricchi, sempre meno, si fanno sempre più ricchi, i poveri, sempre più, si fanno sempre più poveri. In realtà le “bande” rock sono uno strumento della (in)civiltà capitalistica.
Non sono così ingenuo da credere che il mondo del capitale abbia scientemente costruito il progetto, né che i suoi strumenti ne siano consapevoli. Altra legge della storia è l’eterogenesi dei fini. Così le masse dei diseredati, oltre a essere sempre più povere, sono sempre meno libere. Per essere liberi, cittadini e non sudditi, occorre conoscere. La Rivoluzione francese, che poi mise capo ad inenarrabili atrocità, venne dapprima fatta da borghesi che avevano letto sì l’utopista comunista Rousseau (del quale non so quanto possa dirsi che fosse intelligente), ma Hélvetius, Voltaire e Montesquieu; molti di loro conoscevano i classici latini e greci. Quale rivoluzione potranno fare Lo stato sociale e gli altri? Nel loro filmino Niente di speciale, proclamano: “Ogni volta che scegli, tu scegli il tipo di schiavo che non sarai.” Il ritratto della realtà effettuale è: “Ogni volta che non scegli, tu scegli il tipo di schiavo che sarai.” Al loro pubblico è lasciata solo la possibilità di non scegliere.
*Da Il Fatto Quotidiano del 15.10.2018