Il mondo sta andando avanti a ritmo forsennato, la tecnologia pervade quasi ogni ambito delle nostre esistenze, il super-turbo-tecno capitalismo oramai non ha più nazioni né religioni, il mercato globale ha spazzato via il concetto stesso di lavoro…e in Italia si pensa bene di rifondare un partito (Alleanza nazionale, ndr), che è morto quando è nato, vent’anni fa, con le stesse idee e con gli stessi personaggi, per giunta.
Non è questa la soluzione, se non per loro stessi: cercare di trovarsi nuovamente un posto da mendicanti fuori la chiesa della finanza mondiale, che, è chiaro a tutti, ormai governa direttamente le nazioni. Un partito nazionale, dicono. Giusto. Peccato che le nazioni non esistono più se non con funzioni di polizia interna e riscossione tasse.
Un partito sociale, dicono. Che però implicherebbe farne parte, del tessuto sociale. A prima vista, considerati i risultati elettorali negli organi di prossimità immediata alla gente (quelli che risolvono i problemi quotidiani, per intenderci) anche qui siamo fuori strada.
Un partito moderato, dicono. Sembra che la storia, a questi signori, non insegni proprio nulla. Il mantra ossessivo di dimostrarsi più realisti del re, sembra non abbia lasciato tanta eredità, se non in quel, oramai famosissimo, patrimonio della fondazione An, su cui finiranno per scannarsi come perenti serpenti.
Un partito liberale, dicono… Si commenta da sé.
Il mondo è cambiato, ma loro non vogliono farlo. Parole d’ordine che ad alcune avanguardie non-conformiste sarebbero state strette negli anni ’50, non possono e non devono tornare nell’agenda politica di quest’area culturale.Che “esiste” checché ne diciate e pensiate. Ci sono progetti editoriali che ribollono, ci sono centri di aggregazione che sono fucina di idee e uomini nuovi, ci sono realtà sociali che operano nonostante voi, ci sono libri, canzoni, quadri, sculture, accademici e fabbri, cuochi e scienziati. C’è il mondo che non avete voluto far crescere. E che va difeso dal tritacarne trotskista anche con rappresentanze istituzionali. Purché non voi.
La rappresentanza istituzionale garantiva, se non sempre nella sostanza, almeno nella forma, una protezione contro la volontà mai sopita di non far “sopravvivere” l’area politica e culturale cui appena accennato, da parte dei soliti zombie incatenati alle lotte dei loro bis-nonni. Ecco dunque la “necessità” di dotarci di tutti gli strumenti possibili affinché questi venti anni di conquiste, non siano spazzate via dal vento della restaurazione pre-berlusconinana. Che non sia però un fine l’elezione nelle istituzioni, bensì un mezzo, va da sé. Anche se sono riusciti a dimostrarci il contrario. Cosa significhi in termini pratici non è risolvibile ora, non è questa la sede opportuna, ma è un altro dei nodi che va sciolto.
Investire sul futuro, qui ed ora, è la necessità impellente. Costruire navi possenti per intraprendere un viaggio ancora più difficile, è la priorità. Forgiare capitani e marinai capaci di guidarle è il nostro unico presente. Pianificare la rotta da seguire deve essere la volontà. Ribadiamolo ancora una volta. Navigare Necesse Est.
*Foro 753, Spazio vitale, Roma