Gli ultimi anni all’insegna del buonismo hanno creato una patina di paciosa benevolenza e di sdolcinata non-violenza sul Cristianesimo, nel tartufesco tentativo di accreditarlo come “religione di pace” (definizione su cui con mezzi più decisi qualche altra parrocchia ha già ipocritamente messo il cappello…). Un’operazione ingenerosa e fasulla che ha tarpato le ali a una militanza di fede che è anche obtorto collo violenza, guerra santa, lotta all’eretico e allo scismatico. Così oggi sembriamo stupirci che nel passato per la Croce e contro la Croce si siano sparsi fiumi di sangue, quasi che prima del Concilio Vaticano II fossero analfabeti e non sapessero leggere i Vangeli. Ma fra “leggenda nera” di una Chiesa cattolica assetata di sangue (abile creazione della propaganda anglicana e poi protestante tout court, tutt’oggi ampiamente accettata come “verità storica” da settori vastissimi anche dei fedeli cattolici) e neo-francescanesimo di maniera, c’è un’infinita sfumatura di realtà storica, fatta di guerre portate all’infedele e persecuzioni subite per la fede, di atrocità perpetrate e patite nel nome della Croce. La storia, insomma, non è mai bianco\nero e “Storia in Rete” di settembre ce lo fa notare a partire dall’uscita di due libri sul tema: «Storia delle Guerre di Religione», di Alberto Leoni (Ares) e «I Sacri Crimini» di Massimo Centini (Piemme).
Ma – fuori dalla metafora – di Sangue e Fede si parla anche molto materialmente nella questione della Sindone, riaperta da un articolo scritto da alcuni esperti forensi e ampiamente ripreso dalla stampa italiana, in cui si sostiene ancora una volta la tesi del “falso medievale”. Il mensile di Fabio Andriola torna per l’ennesima volta sull’argomento, evidenziando i buchi logici e scientifici di quell’articolo, entrando nel dettaglio con articoli di una sindonologa – Emanuela Marinelli – e di un esperto di anatomo-patologia forense – Alfonso Sánchez Hermosilla – che smontano passo dopo passo quello che appare più uno scritto “a tema” che una vera ricerca scientifica.
Il terzo centenario della nascita del Regno di Sardegna, primo embrione dello Stato unitario italiano, è l’occasione per ripercorrere la parabola di Vittorio Amedeo II, che ottenne la “promozione” a re nel 1718 con l’acquisizione della Sicilia ai domini sabaudi. Troppo spesso infatti dimentichiamo che l’unità nazionale ha affondato le sue radici proprio in quel passaggio e nelle riforme interne abilmente dirette dal Duca-Re, che fecero dello Stato dei Savoia l’unica realtà indipendente nella Penisola, in grado – di lì a un secolo – di divenirne lo Stato-guida verso l’unità e l’indipendenza.
“Storia in Rete” di settembre continua poi con due ritratti di eroi: uno americano, il geniale comandante sudista Nathan Bedford Forrest, oggi al centro di una campagna iconoclasta di damnatio memoriae devastante (che non riguarda solo i mentecatti distruttori di monumenti d’oltreoceano, ma anche il vecchio continente, come le recenti notizie dalla Spagna confermano), su cui il mensile di Fabio Andriola tiene incessantemente accesi i riflettori, e l’istriano Nazario Sauro, martire irredentista della Grande Guerra, a cento anni dalla fine del conflitto e dalla grande Vittoria italiana.
Poi, prove tecniche di fascismi prima del Fascismo: la dittatura popolare di Sidónio País in Portogallo – interrotta dalle pallottole di un sicario al soldo dei partiti messi all’angolo da o Chefe – e i Freikorps tedeschi, che dopo la Prima guerra mondiale combatterono con spietata violenza i tentativi comunisti di portare la Germania dalla repubblica di Weimar a un’esperienza bolscevica.
Infine, eccellenze italiane: il lavoro di restauro sui capolavori del Novecento conservati al Museo dell’Arma del Genio. Arte fascista ma non arte totalitaria…