Parlare di Europa al giorno d’oggi non è certo semplice. Le apparenti difficoltà nel riformare un modello che ha ormai visto pervenire la maggior parte dei suoi nodi al pettine, stanno anche nelle sperequazioni economiche che hanno esasperato tante e tante persone.
Una delle tante tesi sostenute dai grandi media nel difendere l’Ue, è il fatto che questa sia l’ultimo baluardo contro i populismi ed i nazionalismi. Tesi questa che, sebbene vada trasversalmente per la maggiore, cela una superficialità d’analisi davvero notevole.
Proprio sul nazionalismo, una delle grande ideologie nate nell’800 e al centro del ‘900 e sulla quale si sono versati fiumi d’inchiostro, si è tenuto un convegno, il 22 maggio scorso, presso la pittoresca sede dello Spazio Europa, in Via Quattro Novembre a Roma. Organizzato dalla Fondazione Federalista per l’Europa dei Popoli (associazione culturale della Lega Nord), si è dibattuto non solo di Europa e nazionalismi ma anche di stato, popoli, cinema e storia del Fascismo. Introdotto dal leghista Borghezio e coordinato da Enzo Cipriano, sono intervenuti Tarmo Kuunas, filosofo e professore finlandese studioso di Heidegger, nonché due intellettuali come Rodolfo Sideri e Claudio Siniscalchi. Il secondo in particolare, grande studioso e uomo di cinema, ha saputo spaziare, partendo dalle attuali derive culturali, aprendo una grande panoramica sul fenomeno francese della Nouvelle Vague, in relazione al clima politico della Francia post-1945.
Dopo i saluti della delegazione Lega all’Europarlamento nell’ENF e la piccola introduzione sul ruolo del sovranismo da parte di Mario Borghezio, è Tarmo Kuunas ad iniziare la discussione: il professore, grandissimo conoscitore e studioso, tra le altre, della cultura francese, concentra la propria analisi sul significato del termine nazionalismo; in particolare, la sua tesi, assume dei tratti interessanti dal momento che sostiene quanto il nazionalismo non sia necessariamente e deterministicamente legato ad una ideologia. È esso stesso ad essere un connotato di dettagli e di caratteristiche, le quali da sole bastano a giustificarne l’esistenza dottrinale. Che poi questo assuma, sostiene ancora Kuunas, le tinte conservatrici, liberali o rivoluzionarie, questo è un aspetto “secondario”. Ovviamente, vista l’occasione, il richiamo che viene fatto subito, consta di un riferimento verso il nazionalismo nostrano, quello italiano. Se infatti, come soleva asserire il grande Benedetto Croce, la storia è sempre contemporanea, anche lo studiare il passato, non può far a meno di riflettersi sugli attuali rapporti di forza. E’ a questo punto, dunque, che interviene Claudio Siniscalchi. Lo studioso, l’abbiamo detto, da grande uomo di cinema, sposta subito l’asticella della discussione portandola verso il cinema d’Oltre Alpe. In particolare, oggetto del suo primo intervento, è già citata Nouvelle Vague. La portata rivoluzionaria di questo modo di fare del cinema, così immerso nella realtà post 1945 (come nel nostro neo realismo) ed in antitesi con il cinema tradizionale dell’epoca, viene portata alla memoria degli astanti attraverso quello che Siniscalchi definisce “un uomo europeo”: Jean Parvulescu che quel cinema rese leggenda.
Vicino alla Guardia di Ferro e quindi al fascismo romeno, scappa dal suo Paese e arriva a Parigi nel 1950. Qui, perfettamente assimilatosi e mai rifiutando ma anzi esaltando le proprie radici, diventa un grande esponente della Nouvelle Droite. Egli, seppur nelle sue controversissime forme, è abile nell’elaborare un modello di rivoluzione europea, da compiersi in nome delle radici cristiane. E’ proprio questo il punto su cui, più e più volte, nel corso delle due ore si torna: l’indissolubile legame tra l’Europa e le proprie radici cristiane, che sono oggi messe in serio pericolo, secondo i docenti presenti, anche dalle massicce migrazioni di popoli islamici. Nell’ottica di Parvulesco, non manca sicuramente un riferimento, neanche tanto celato, seppur magari inconscio, all’Ubermensch di Nietzsche che è il solo in grado di risorgere dalle macerie della Morte di Dio e dei valori assoluti. Il primo giro d’interventi termina con l’intervento approfondito, sul ruolo del Fascismo Italiano nell’Europa. Sideri rilegge il fascismo e il nazionalismo italiano, partendo dalle radici mazziniane, dall’idea di appartenenza ad una patria e, di riflesso, ad una nazione. Ecco, il ruolo della nazione, così bistrattata in questi ultimi tempi, viene vista come la base da cui ripartire. D’altronde se, come diceva Ernest Renan “la nazione è un plebiscito che si rinnova ogni giorno”, proprio da questa, enorme lascito della Rivoluzione Francese, si dovrebbe ripartire. Nazione stessa che non può esimersi da una rilettura che parta da una comune natura storica. E’ in questo senso che viene letto il fascismo: ovvero, come continuazione di un certo mondo valoriale e di un certo ambiente sociale, con annessi processi di socializzazione e dinamiche interne. D’altronde, quella della costruzione/ ricostruzione di una memoria storica è un elemento trasversale. Non si dimentichi mai che nel processo rivoluzionario di emancipazione delle masse contadine, per esempio, lo stesso Thomas Sankara insiste molto su questi aspetti qualitativi della prassi politica. Dalla nazione al ruolo dello stato, il passo è breve. Non sorprende dunque, se l’ultimo giro di interventi vede l’analisi del ruolo dello stato da parte del filosofo finlandese. In particolare, citando Heidegger che mutua Hegel, lo stato- inteso come poleis nella Grecia Antica- non è un semplice esattore/controllore. E ‘portatore di cultura, valori e rappresenta paradigmi etici. E’ nello stato etico, dunque, che l’Essere (Wesen) trova la propria massima espressione.
Dunque l’essere patrioti, secondo i docenti, può al giorno d’oggi essere un baluardo contro l’incessante mondializzazione. Si conclude, in questa direzione, con gli ultimi riferimenti al cinema e al ruolo della storia nelle scuole.