C’è una partita nella partita che si gioca con il rinnovo della giunta di Palazzo degli Elefanti. Perché Catania, assieme a Roma, rappresenta non solo un test politico importante, ma da sempre – si sa – è una delle “capitali morali” per la destra italiana. E gli occhi sono puntati con estrema attenzione per un appuntamento che mai come questa volta rappresenta un passaggio determinante per cogliere i segnali di vita di ciò che rimane di questa destra italiana in diaspora. A giocarsi la riconferma come sindaco del capoluogo etneo infatti è Raffaele Stancanelli, esponente di Fratelli d’Italia con un passato tutto interno alla storia del Msi prima e di An poi. Cinque anni dopo Stancanelli si ripresenta a una città che – causa enorme buco di bilancio e patti di stabilità – cerca una nuova proiezione dopo una stagione di crisi economica e di prospettiva.
Trascorsa una prima sindacatura nel cercare di mettere ordine alla casse del Comune, la fase due dell’amministrazione uscente è contesa dal ritorno (l’ennesimo) di Enzo Bianco, più volte sindaco di Catania, alla guida di una copiosa macchina elettorale che va dagli ex alleati storici di Stancanelli (!) e di Raffaele Lombardo alla sinistra radicale. Bianco infatti si ripresenta con un armamentario di ras locali e interessi da far impallidire ogni nostalgico revanscita di quella “primavera catanese” che l’ha visto, in un’altra epoca, protagonista. Dall’altra parte, Stancanelli porta in dote una prova amministrativa – se non roboante – per lo meno di buona condotta, percepita come “onesta” dai catanesi. Si potrebbe dire, anzi, che Stancanelli sia stato in qualche modo un “sobrio” ante litteram: ha attuato una serrata politica di spending review, ha tagliato le assunzioni inutili, ha ridotto del 30% le indennità sue, degli assessori e dei consiglieri comunali, ha evitato il dissesto dell’ente davanti a una situazione dei conti disastrosa.
Il sindaco uscente, poi, ha saputo tenere testa anche ai capricci della sua coalizione: convocando una Giunta di tecnici quando ha reputato il caso di mettere al centro l’amministrazione della città. Tutto questo mentre il centrodestra regionale esplodeva in una faida impolitica che ha finito per consegnare la Regione al centrosinistra. Stancanelli, invece, a Catania è riuscito a tenere unita la coalizione. Non solo: è riuscito a riprendere con sé un alleato prezioso come Nello Musumeci che, come abbiamo raccontato, ha scelto di partecipare in prima persona alla campagna elettorale nonostante la tragedia familiare che l’ha colpito. E tutto questo proprio in ragione di un progetto politico da “difendere”.
Ecco nel capoluogo etneo, se vogliamo, si scontrano due modelli politici diversi (anche se resta da valutare l’entità del laboratorio “grillino” e il peso del candidato civico Maurizio Caserta). Da una parte un centrodestra chiamato adesso a costruire e a incidere sull’umore di una città che vuole tornare a essere ambiziosa dopo la “cura”: il secondo tempo, se ci sarà, dovrà essere innovativo e fondativo. Dall’altra le velleità di un’ex “star” sulla quale il nuovo dominus della Sicilia, il presidente Rosario Crocetta, ha pesantemente investito per lanciare un’Opa sul centrosinistra nazionale. E se la politica è fatta di dettagli non ne possono sfuggire due. Il primo, legato alla persona, è quello che ha visto Enzo Bianco – nel 2000 – lasciare l’incarico di sindaco di Catania preferendo andare a fare il ministro dell’Interno di un centrosinistra cadente. Stancanelli, invece, ha rifiutato il seggio di senatore per rimanere a fare il sindaco di Catania in una sfida tutt’altro che sicura.
Ma c’è un altro dettaglio importante che riguarda proprio il candidato di centrodestra. Mentre Bianco si propone come “novità” portando con sé il gotha delle clientele legate agli ex uomini di Cuffaro e Lombardo – in linea con la rivoluzione di Crocetta – della squadra di Stancanelli non si può non osservare il profilo politico. Non solo non ha alimentato divisioni (e fughe al centro o a destra) ma quest’esperienza è riuscita a risultare inclusiva anche verso settori troppo spesso colpevolmente trascurati dalla destra di governo. Non è un caso che all’interno della coalizione che sostiene il secondo mandato di Stancanelli sia presente anche l’esperienza di Cervantes, l’unico centro sociale non conforme del sud Italia occupato proprio sotto l’attuale amministrazione. Tra questi proprio Gaetano Fatuzzo, animatore di Cervantes e candidato consigliere comunale indipendente in una lista civica composta da giovani e dalla società civile. Una scelta convinta da parte dei ragazzi di Cervantes: «Al di là delle tante cose che restano da fare – ha spiegato Fatuzzo – questa amministrazione si è dimostrata attenta all’emergenza degli spazi sociali. Non solo con noi: ma anche con il Teatro Coppola occupato dagli artisti catanesi, così come il campetto di rugby riattivato da militanti di sinistra nel quartiere Librino. Tutte queste esperienze sono state prese in considerazione, non si è attuata alcuna misura repressiva. E questo, in attesa di un “piano giovani” che speriamo di attuare, ci è sembrato indicativo di un cambio di passo».
Ricapitoliamo: conti in ordine, nessuno scandalo giudiziario, dialogo con le realtà impegnate nel sociale. A Catania, insomma, il centrodestra si propone così al giro di boa: con una capacità di non risultare sempre la macchietta che gli altri vogliono che sia. Con un sindaco che pur provenendo da destra non sta attuando un tentativo sterile di “ricomposizione” delle sigle ma un dialogo politico serrato sui progetti e sulle priorità da attuare con tutti i soggetti attivi nel territorio. Non si sa se Catania possa risultare un “modello” esportabile, ma Catania resta comunque una città laboratorio. Da tenere in considerazione, non si sa mai.
@barbadilloit