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Home Politica

Cultura. Pino Tosca e l’insegnamento di “ritrovare la comunità nel canto”

di Pietro Ferrari
6 Maggio 2018
in Politica
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Un volume dedicato alla memoria di Pino Tosca
Un volume dedicato alla memoria di Pino Tosca

Pino Tosca lo conobbi al Campobase 1997 a Rocca di Calascio, organizzato dalla componente identitaria di Azione Giovani che faceva capo a Gianni Alemanno. Pino intervenne sul valore della comunità, sulla weltanshauung di una militanza metastorica (diffusa dagli opuscoli Adsume e Terra degli Avi) che per arrivare all’Oggi è passata dalle insorgenze antigiacobine del cardinal Ruffo, dal Carlismo della sua cara Hispanidad, da Carmine Crocco e il brigantaggio duosiciliano e dalla mistica Legione di Codreanu.

Il partito ha logiche diverse rispetto alla Comunità militante che come ci insegnava prendendo spunto da Pentru Legionari, sapeva e doveva ritrovarsi invece nel canto, nella gioia dell’amore fraterno. Quando non si riesce a cantare assieme è segno che qualcosa di nefasto invade gli animi. Ci capitò di sperimentare assieme ai camerati pugliesi del suo Centro Tradizione e Comunità e Controvento, la lezione di Codreanu che lui tenne a Casamassella vicino Otranto.

Pino tenne un paio di campi formazione a cavallo del 2000 assieme al meridionalista Ulderico Nisticò, al dannunziano professor Angelo Olivieri ed a un certo punto vedemmo un’auto arrivare con tanto di scorta: era Francesco Storace neo presidente di Regione che assieme ad altri stava avvicinandosi al nostro banco mentre eravamo tutti impegnati a seguire la mia chitarra cantando “Il domani appartiene a noi” del compianto Junio Guariento. Ebbene qualcuno di noi accennò a fermarsi per andare incotro a Storace ma Pino disse che non si doveva interrompere il canto. Fu Storace che, come se fosse un qualsiasi militante, venne a sedersi a fianco a noi mettendosi a cantare con noi. Questo era Pino: un amico fraterno e paterno che irradiava forza e spronava tutti a tenere sempre alto il cuore e la tensione ideale, un capo vero perché in prima linea ma mai supponente, mai un gradino sopra la sua comunità perché sempre con Essa e per Essa.

Pino Tosca mi ha ospitato diverse volte nella sua dimora di Modugno dove campeggia una scritta emblematica: “Parva domus, magna acceptatio”, perché Pino era così: non passava il tempo a mormorare cattiverie contro qualcuno perché il tempo andava investito meglio. Un giorno lo passai a prendere in Stazione a Giulianova per andare assieme ad un altro amico a Perugia per fare una cena di area con tanto di gogliardìa annessa e bagordi. Perché anche per vedersi una sera nella comunità in festa, valeva la pena farsi 1000 chilometri in due giorni. I suoi discorsi nella cripta di Mussolini a Predappio, il suo romanticismo politico a Civitella del Tronto per onorare un antica patria perduta per sempre e quando lo invitai per il trentennale del ’68 a Teramo, quando raccontò quella storia vista dalla ‘parte sbagliata’.

Pino rischiava il carcere in USRR per le missioni clandestine che quegli ‘esuli in patria’ erano capaci di fare. Mai un accenno di odio: a Torino, ai tempi di Europa e Civiltà, Pino si arrampicò per togliere da un palazzo delle corde infami che da una ventina d’anni ricordavano le impiccagioni che i partigiani ordivano contro gli italiani… Pino era così. Chi lo ha conosciuto lo rimpiange come uno dei migliori punti di riferimento umano e culturale di un intero ambiente. Non poter sentire più il suo punto di vista è stata una grave perdita per tutti ma i frutti ci sono: i figli Davide e Stefano che onorano il suo ricordo, la comunità mai seriosa, l’orda barbarica modugnese che seppur un po’ invecchiata continua nella vita e nella militanza di tutti i suoi componenti. Pino ci lasciò qualche giorno prima dell’evento cruciale di inizio Millennio: l’attacco alle Twin Towers, ma anche senza di lui, dopo di lui ed anche grazie a lui, avevamo già maturato una sensibilità critica per interpretare quello che avevamo davanti.

@barbadilloit

Pietro Ferrari

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Tags: '68adsumBarbadilloculturadestrepietro ferraripino tosca

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