La donna col vestito rosso, investita dal getto di gas lacrimogeno, fa il giro del mondo diventando l’icona elegante della rivolta turca. Siamo a Piazza Taksim, nel cuore della Istanbul d’occidente, di fronte al monumento che celebra il disfacimento dell’Impero Ottomano e l’indipendenza turca. Durante una protesta, tra la folla impersonale, spicca una figura di donna elegantemente vestita, indossa un abito di tessuto rosso dall’ampia gonna, sembra miracolosamente apparsa tra la sciatteria dei manifestanti. Eppure è fatta di carne ed ossa e ce lo dimostra quando, aggredita con uno spray dall’ufficiale di polizia che la fronteggia, si copre la bocca con le mani, tossisce.
«Non si può fare una rivoluzione portando i guanti di seta» diceva Stalin, eppure, contando condivisioni, commenti, reazioni e popolarità raggiunta da questo episodio (dando già vita a fumetti e graffiti in tutto il Paese), al mondo c’è un disperato bisogno di guanti di seta, gonne rosse e belle immagini. Simboli di coraggio, eroismo e grazia. Bei miti fondativi, come quelli descritti dalla penna di D’Annunzio o dalle tempere delle prime avanguardie pittoriche.