Archiviata la polemica sui sacchetti, ecco che il Partito democratico avvia la grande stagione dei sogni alle urne. La promessa che rompe il ghiaccio gelido dell’indifferenza elettorale è clamorosa: via il canone Rai.
Come riporta Repubblica, il Pd starebbe pensando di appropriarsi di quello che, dal lontano 1994, fu il cavallo di battaglia – il più lucido e potente – del programma del centrodestra e di Forza Italia. Una promessa che tale rimase, da allora e fino a oggi, per mille e più ragioni.
Non noteremo, qui, quanto suoni strano il fatto che sia proprio lo stesso humus politico che il canone ha infilato in bolletta e prometterne la finale estirpazione, con sommo sollievo delle tasche degli italiani. La vera notizia, qui, pare ancora un’altra.
La campagna elettorale che è già iniziata si muoverà su temi e proposte di chiarissima ispirazione moderata, per quel che ancora può significare questo termine in politica. La partita si giocherà su tematiche di centrodestra, praticamente la coalizione polifemorica (a quante gambe siamo arrivati?) dovrebbe giocare in casa. E questo glielo riconosce proprio il maggior avversario oppure, per dirla in termini di marketing elettorale, il suo naturale competitor. Mentre il Pd tenta un abbordaggio, il M5S da lungo tempo s’è appropriato della retorica sulle partite Iva, dei professionisti e delle tasse, a Sud ha lanciato un’importante Opa sulle tematiche revansciste anti-risorgimentali, che, a molti ex elettorali del centrodestra, fanno dimenticare gli amorosi sensi che i pentastellati scambiano con la sinistra globalista di LeU.
Il centrodestra gioca in casa e, adesso, non è più tempo di intrecciarsi le troppe gambe. Gli altri, già da tempo, hanno iniziato a lavorare.