Finisce l’anno: la riflessione sul tempo trascorso ci raggiunge. Pochi mesi fa il fisico Rovelli, intelligente scrittore, ci ha spiegato il tempo. Il suo saggio è stato un successo editoriale. Il tempo è una grande cipolla: tanti strati di buccia e sotto il mistero. Tuttavia, le emozioni danno un senso alla temporalità, mentre gli storici ripetono che il tempo è finito ed è finita la Storia. I grandi lo avevano compreso. Così cantavano, “Tutto quanto mi annunziava il tempo / Oggi è muto è sordo è cieco…” È il maestro immenso della ‘Gaia Scienza’. È il poeta di Zarathustra che scriveva questi versi.
Senza Kronos, ormai, le differenze si confondono. Le giovani esistenze, che han poco vissuto, deridono il tempo degli anziani. E tutti inscatoliamo il tempo dentro uno smartphone. Spingiamo l’illimitato dei minuti in venti centimetri luminosi e piatti. Se credessimo al demonio, scriveremmo che la morte del tempo è una strategia del diavolo. Nell’ incisione di Albrecht Dürer, ‘Il cavaliere, la morte e il diavolo’, il maligno ha in mano una clessidra.
Uomini e donne senza tempo, rincuoratevi con una lettura jüngheriana. C’è un libro che non circola da anni. Filosofico e bizzarro ‘Il libro dell’orologio a polvere’. Sgocciolano le ultime ore dell’anno ed ecco le pagine del tedesco che sfidò il tempo, grazie ai suoi anni. Bastano poche pagine e le ragioni trovano serenità. Sembrano dirci: la bellezza è costruita senza l’ansia delle ore e poi “Le grandi cattedrali, visibili a grande distanza, che all’esterno indicavano e annunciavano il tempo, all’interno sono totalmente prive di orologi.”
Jünger racconta il fascino della clessidra. O la sua temporalità minima. Temporalità leggera che disegna ideogrammi di polvere. Ideogrammi di assennata lentezza. Allora, in fila, appaiono orologi a polvere, meccanici, solari, a pendolo, giapponesi,.. classificati dallo scrittore che si allontanò dai ricatti temporali della modernità. Per cercare una vita meno produttivistica, per “un tempo umano, sobrio… dove non battono le ore”, allontaniamoci da un anno mediocre. La quiete potrebbe pure raggiungerci, se fermassimo un sistema che cronometra o consuma tutto. Adesso è un’ illusione questa riflessione. Però Jünger aveva ragione, “Qui ritorna l’antica idea secondo la quale la felicità e l’orologio si escludono reciprocamente.”
Spegnere tutto. Tacitare i cellulari. Smettere di correre. Sussurrare all’attimo frenetico, “Fermati, sei così bello!” Farlo come fece il Faust di Goethe. Stefano Zecchi pensa che, in questa frase faustiana, ci sia il destino dell’Occidente che non sa più fermarsi. Un Occidente misuratore, burocrate, senza ideali.
Lo smartphone è una macchina del tempo. Determina le nostre giornate. Totalmente. Dovremmo accorgerci che questo strumento non misura il tempo ma lo crea, inserendoci in eventi inutili, happening, inesauribili liturgie consumistiche che necessitano assolutamente di tempo. Comprendiamo maggiormente ciò leggendo il nostro scrittore, “Se i nostri orologi fossero solo macchine che misurano il tempo, il cambiamento non sarebbe tanto importante. Determinante è il fatto che esse sono macchine che creano il tempo, che producono tempo.”
‘Il libro dell’orologio a polvere’, scritto in un remoto 1954, è insieme un manuale per orologi e un piccolo trattato di filosofia. Questa filosofia: provate a liberarvi dalle barriere inflazionate del tempo. È difficilissimo. Ma pensateci. Almeno, il 31 dicembre, brinderete con più gioia alla fine di un anno. Già lo consigliava Jünger che morì a 103 anni. Ingannando, alla grande, il suo tempo.