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Anniversari. Roger Coudroy primo europeo a morire per la causa palestinese

by Giorgio Ballario
3 Giugno 2013
in Esteri, Ritratti non conformi
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resistanceÈ la notte del 3 giugno 1968. Mentre in Francia dilaga la protesta studentesca che di lì a poco incendierà l’Europa occidentale e cambierà per sempre politica, cultura, usi e costumi di mezzo mondo; un commando di Al Fatah, il braccio armato dell’OLP, tenta di penetrare nella Palestina occupata dagli israeliani dopo la guerra dei Sei Giorni. Il gruppo viene intercettato da una pattuglia dell’esercito sionista e nello scontro a fuoco lascia sul campo numerosi caduti. Uno di loro è appena un po’ più vecchio dei ragazzi che in quei giorni manifestano per le strade di Parigi. È un belga che ha vissuto a lungo in Francia, ha 33 anni, si chiama Roger Coudroy, nome di battaglia “Salah”, ed è il primo europeo a morire per la causa palestinese.

In linea di principio sarebbe una notizia piuttosto interessante per i media internazionali, sempre a caccia di scoop e di curiosità, ma inspiegabilmente la morte in battaglia di Coudroy passa sotto silenzio, almeno in Europa. E di lì a poco si capirà il perché, che rende quindi molto spiegabile il silenzio di giornali, radio e televisioni. L’uomo, un ingegnere che in passato aveva lavorato per la Peugeot in Libano e Kuwait, era un militante di Jeune Europe, l’organizzazione politica fondata cinque anni prima dal belga Jean Thiriart. In poche parole, per l’opinione pubblica del tempo, era un “fascista”. Perciò non valeva la pena pubblicizzare la sua “bella morte” al fianco dei palestinesi, causa che era invece in prevalenza sostenuta dai movimenti di estrema sinistra.

Anche Israele non aveva interesse a divulgare la notizia che un giovane europeo si era unito alla lotta armata palestinese. Agli occhi del mondo intendeva presentare la lotta dei palestinesi come una specie di “ribellione” di straccioni retrogradi che non accettavano l’avamposto della democrazia occidentale nel Medio Oriente e l’OLP come una banale organizzazione terrorista araba, non certo come un movimento di liberazione nazionale. Per cui l’adesione, per quanto individuale, di un militante europeo avrebbe potuto scardinare l’immagine localista  che s’intendeva dare della guerriglia palestinese.

Un solo giornale diede la notizia della morte di Roger Coudroy: La Nation Européenne, l’organo d’informazione internazionale di Jeune Europe (in Italia la testata viene tradotta in La Nazione Europea). Il movimento, che aveva come slogan la frase «Né Mosca né Washington», aveva radici e un buon numero di militanti non solo in Francia e Belgio, ma anche in Italia, Portogallo, Austria, Germania, Spagna, Svizzera e Olanda. Nel nostro Paese, tanto per fare un esempio, militarono in JE personaggi assai diversi fra loro come lo storico Franco Cardini, l’attuale europarlamentare leghista Mario Borghezio, lo studioso dell’Islam Claudio Mutti e, secondo alcune fonti del movimento, persino il futuro capo delle Brigate Rosse Renato Curcio.

In estrema sintesi gli obiettivi di Jean Thiriart, che rifiutava il nostalgismo neofascista e neonazista, erano di unificare l’Europa, sganciarla dalle posizioni atlantiste e filo-americane e di promuovere un asse strategico con i Paesi in via di sviluppo e in particolare con la sponda araba del Mediterraneo. Per questo JE praticò sempre una politica di apertura nei confronti dei movimenti di liberazione nazionale (prima algerino e poi palestinese) e di amicizia verso gli Stati arabi non allineati: nel corso degli Anni Sessanta Thiriart fu ricevuto con tutti gli onori dai governi del Cairo e di Baghdad. In seguito incontrerà pure personaggi piuttosto distanti fra loro come il generale Peròn e il ministro degli Esteri cinese Chu En Lai.

Tra i collaboratori del mensile di JE figuravano il politologo Christian Perroux, il saggista algerino Malek Bennabi, il deputato delle Alpi Marittime Francis Palmero, l’ambasciatore siriano Selim el-Yafi, l’ambasciatore iracheno Nather el-Omari, , i dirigenti del FLN algerino Chérif Belkacem, Si Larbi e Djamil Mendimred, il presidente dell’OLP Ahmed Choukeiri, il capo della missione vietcong ad Algeri Tran Hoai Nam, il capo delle Pantere Nere Stokeley Carmichael, il fondatore dei Centri d’Azione Agraria principe Sforza Ruspoli, i letterati Pierre Gripari e Anne-Marie Cabrini. Tra i corrispondenti permanenti, il professor Souad el-Charkawi (al Cairo) e Gilles Munier (ad Algeri).

Ritornando a Roger Coudroy, la sua fine rimane ancor oggi avvolta nel mistero. Se La Nation Européenne, e in seguito altre pubblicazioni della galassia dell’estrema destra, hanno accreditato fin da subito la tesi del «primo europeo a morire per la causa palestinese», negli anni successivi sono anche stati sollevati dubbi sulla vicenda. Un giornale inglese scrisse che in realtà l’ingegnere belga era un infiltrato agli ordini del Mossad israeliano ed era stato eliminato dagli stessi miliziani di Al Fatah, non appena si resero conto che si trattava di una spia. Un’altra versione riferisce di una morte meno eroica: Coudroy si sarebbe involontariamente sparato con la propria arma mentre si stava esercitando in un campo palestinese. Altri sostengono che la sua storia sia stata usata come “mito” propagandista dallo stesso Thiriart, che rimane in definitiva la fonte iniziale della notizia. Quel che è certo è che ancor oggi, a 45 anni di distanza dall’episodio, sulla morte di Roger Coudroy rimangono molti lati oscuri. Non esistono racconti di familiari, né testimonianze dirette di altri combattenti dell’OLP. Cercando su internet non si riesce neppure a rintracciare una fotografia dell’ingegnere belga, morto con le armi in pugno per la causa di un altro popolo.

Tuttavia scandagliando gli anfratti della Rete, alcune tracce si trovano. A partire da J’ai vécu la résistance palestinienne (in italiano Ho vissuto la resistenza palestinese), un opuscolo di 87 pagine pubblicato a Beirut nel 1969 a cura dell’OLP che reca la firma di Roger Coudroy. Alcuni siti internet tedeschi di antiquariato, invece, vendono online un altro libretto firmato da Coudroy: Widerstand in Palästina (in italiano Resistenza in Palestina), che visto il numero di pagine – 82 – potrebbe essere la traduzione in tedesco del testo francese. Inoltre in una recente intervista il giornalista e scrittore francese Christian Bouchet, vicino al Front National e alla neo-presidente Marine Le Pen, ricorda la figura di Coudroy.

E c’è una testimonianza anche in Italia: nel 1971 le Edizioni Ar di Padova pubblicano Il nemico dell’uomo, una raccolta di versi dei poeti arabi Tawfeeq Zayad, Mahmood Darweesh, Fadwa Tuqan e Salem Jubran ispirati alla morte di Roger Coudroy. Infine accredita la versione di Roger Coudroy quale «primo europeo a morire per la causa palestinese» persino un sito non sospettabile di simpatie neofasciste e “terzaforziste”: franceisraeljeunes.com, voce del movimento giovanile dell’Associazione Francia-Israele.

@barbadilloit

Giorgio Ballario

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