In questa settimana, nel centrodestra romano e laziale, ha tenuto banco il caso delle candidature. Sull’asse Regione-Senato, il ballo sulle punte (di peso): da un lato il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi; dall’altro l’ex ministro Maurizio Gasparri. In mezzo gli apparati di partito, i lanci d’agenzia e, poi, una raffica di smentite.
Chi sarà candidato a cosa? L’ultimo spiffero riportava un clamoroso capovolgimento di indirizzi: Pirozzi al Senato, anziché alla Regione Lazio, dove, invece, sarebbe stato candidato Gasparri. Quest’ultimo ha smentito, per ora, ogni velleità di candidarsi a governatore del Lazio. “Nessuno me lo ha chiesto e spero proprio di no”, ha spiegato alle agenzie di stampa. Dello stesso tenore le dichiarazioni giunte da Sergio Pirozzi che ha bollato come “fantasie dei giornali” la ventilata possibilità di desistere dalla corsa in favore di uno scranno a Palazzo Madama e, anzi, ha già in programma di inaugurare il suo comitato elettorale verso la Regione.
Fatto sta che è bastato un lancio d’agenzia per destabilizzare, o quasi, il centrodestra. Che, seppur premiato dai sondaggi e dall’esperienza (vedi Nello Musumeci in Sicilia, solo l’ultimo) non cede alla tentazione di intorbidire la vigilia, di creare un po’ di maretta, di fare un po’ di casino. È un antico vezzo che, in tempi di vacche (supposte grasse dai sondaggi) ritorna ciclicamente. Ma destra e centrodestra, se intendono sul serio vincere e governare, non possono ritornare alle vecchie e brutte abitudini.
Il patrimonio civico di Pirozzi
Pirozzi è un patrimonio identitario e civico, capace di convogliare attorno a sé consensi importanti. I partiti, se capaci di lasciar da parte le paludate liturgie, rappresentano strutture importanti, irrinunciabili a chi voglia governare. Lo scontro non fa bene a nessuno, anzi. Rafforza la retorica antipolitica (che, sia ben chiaro a tutti, non è più appannaggio della destra missina), divide con l’unico risultato di agevolare le corazzate politiche di governo uscente. Virginia Raggi, a Roma, è diventata sindaco grazie (soprattutto) alle divisioni dovute all’estrema litigiosità del centrodestra.
Il casi delle divisioni che hanno portato alla sconfitta
Dalle candidature della Fiamma di Pino Rauti nel 1996 alle politiche, alle recenti divisioni nelle regionali in Puglia, alla doppia candidatura alle comunali di Roma: le divisioni portano disorientamento. E sconfitte. Evitare di assistere a un film già visto sarebbe importante, per la credibilità stessa dell’intera area, oltreché segnale di ragionevolezza.
@barbadilloit