Quando il calcio è un’enorme fonte di visibilità e peso politico, quali possono essere le conseguenze sul futuro della Catalogna del club calcistico più famoso del mondo?
Il Qatar, per accreditarsi sul piano internazionale, da anni spende miliardi di euro nel calcio? La Catalogna indipendentista ha già armato il suo esercito (non violento): il FC Barcelona.
La squadra catalana è da sempre protagonista delle vicende politico-sportive spagnole, dalla guerra civile (combattuta dalla parte dei perdenti) fino alla rivalità mai sopita con il Real Madrid monarchico e franchista, fino a quando non era ancora così acceso il tema dell’indipendenza, ma comunque Pep Guardiola, indipendentista catalano fervente, riteneva di doversi giustificare per il fatto di aver indossato la maglia della nazionale spagnola. “Mi obbligava la legge, mi convocavano e io dovevo andare”, le sue parole, quasi da ostaggio.
Le perplessità di Pep spiegano come mai la nazionale spagnola di calcio – storicamente forte, ma perdente – per diventare vincente ha dovuto affrontare anche le fratture e le rivalità di campanile. Far giocare assieme l’andaluso Sergio Ramos, l’asturiano David Villa con i nutriti clan di Castiglia (Casillas, Borja Valero, Raul) e Catalogna (Xavi, Pique, Fabregas) è stato un miracolo di pazienza e diplomazia del castigliano Del Bosque che ha permesso alle furie rosse di vincere mondiale ed europei. Un’impresa che, se le minacce dei catalani si rendessero ancor più attuali, sarebbe molto difficile da ripetere nell’immediato futuro.
Che il calcio sia la più seria tra le cose non serie risulta evidente anche dal comunicato che il Barcellona ha messo sul proprio sito dopo che Madrid ha deciso di impedire il referendum indipendentista. Recita il comunicato apparso sui social della squadra:
“Riguardo agli eventi degli scorsi giorni e specialmente oggi, con riguardo alla situazione politica attuale in Catalogna, il FC Barcelona, rimanendo fedele al suo storico impegno per la difesa della nazione, per la democrazia, per la libertà di espressione e il diritto all’autodeterminazione, condanna ogni atto che può impedire il libero esercizio di questi diritti.
Di conseguenza, il FC Barcelona esprime pubblicamente il proprio supporto a tutte le persone, entità e istituzioni che lavorano per garantire tali diritti.
Il FC Barcelona, mantenendo il massimo rispetto per tutti i suoi membri, continuerà a supportare la volontà della maggioranza dei Catalani, e lo farà in maniera civile, pacifica ed esemplare.”
Se non un unicum quasi: una polisportiva che prende posizione non solo politica, ma addirittura in polemica con il parere di una corte costituzionale, quella spagnola, che aveva dichiarato illegittimo e illegale la consultazione catalana.
Una scelta non di poco impatto, se consideriamo la diffusione che ha il tifo e la simpatia per i catalani in europa e nel mondo: 20 milioni di follower su twitter, 48 milioni su Instagram, 100 milioni su facebook, 2 milioni di magliette vendute nel 2016 e una stima di mezzo miliardo di tifosi nel mondo, danno ai blaugrana una potenza politico-sociale di questa multinazionale sportiva da 708 milioni di euro di ricavi nel mondo.
Senza voler pensare a che fine farebbe il campionato spagnolo, anzi castigliano, senza il Barcellona – destinato ad essere più noioso, senz’altro – il destino dell’indipendenza catalana sembra affidato anche al soft power del calcio.