Le elezioni tedesche confermano che in Europa monta il dissenso nei confronti dell’estabilishment. I risultati premiano Alternative fur Deutschland, mentre la Cdu di Angela Merkel regge ma coglie il peggior risultato storico dal ’49 e i socialisti crollano, galleggiando poco oltre il 20%.
La notizia da copertina sta nella rottura della Grosse Koalitionen che da più di un decennio guida la Germania. La Spd, almeno per ora, sembra orientata a sedere tra i banchi del’opposizione. Ma la Cdu, da sola, non ha i numeri per reggere l’esecutivo. E perciò l’ipotesi è di un governissimo con l’estrema sinistra dei Verdi e il centro liberale della Fdp. La chiamano già “alleanza Giamaica”, un nome adeguato a quella che sembra avere tutte le caratteristiche di una accozzaglia politica fin troppo folkloristica, con l’unico punto in comune di dover fronteggiare la “minaccia” identitaria.
Afd, che arriva al 13% e guadagna un’ottantina di deputati sarà all’opposizione. Nemmanco s’è concluso lo spoglio che già è partita la contestazione agli identitari che si sono trovati circondati da manifestanti, carichi di bile e buoni sentimenti, che ce l’avevano con loro. Un tedesco su otto ha preferito Alternative fur Deutschland nelle urne, voti che lanciano un pesante segnale che la politica continentale non può ignorare.
Se persino in Germania c’è un deciso consenso attorno a una formazione che è nata proprio per dare voce agli euroscettico, a Bruxelles qualcuno dovrebbe iniziare a farsi qualche domanda.
Una risposta, intanto, se la vogliono dare i socialisti che pur di tornare a pesare nelle urne decidono di percorrere l’unica strada che potrebbe rilanciarli, quella dell’opposizione al governo. Un’altra ancora se la vuol dare la Merkel che annuncia un’attenta analisi per far rientrare i voti che la Cdu ha perduto a favore dell’Afd (come Andreotti quando parlò delle preferenza in libera uscita dall Dc verso il Msi ai tempi, ricordate?) e intanto promette lotta dura all’immigrazione (già lontani i tempi di Welcome Refugees?).
Il dato politico conferma quale è il fronte su cui si dipanano le vicende politiche europee. Da quella parte lo status quo, ligio a Bruxelles e fedele alle scelte compiute negli ultimi anni, da questa, i movimenti anti-austerity, anti-Ue diversissimi tra di loro, uniti (spesso) solo dalla demonizzazione di cui sono oggetto nel dibattito politico e mediatico.