In questi giorni è stato lanciato il progetto editoriale di “Passaggio al Bosco”, ispirato alla figura del Ribelle jüngheriano e impegnato nella diffusione della cultura non conforme e della weltanschauung identitaria. Un inizio in grande stile, con quattro titoli e un messaggio chiaro: “combattere il pensiero unico”. Ne parliamo con Marco Scatarzi, tra i fondatori della casa editrice…
Come nasce la nuova casa editrice?
“Nasce dalla volontà di offrire un contributo reale alla diffusione di un approccio culturale non allineato, attraverso nuovi spunti e grandi classici: siamo convinti che le sfide di questo tempo si giochino “dalla parte del torto”, elaborando analisi controcorrente e fornendo chiavi di lettura in scissione rispetto ai mantra del “politicamente corretto””.
Perché “Passaggio al Bosco”?
“Perché le suggestioni del Ribelle jüngheriano sono di profondissima attualità. In un tempo nel quale dominano l’evanescenza del capitale finanziario e lo sradicamento galoppante, è necessario tornare all’essenziale. Il vasto attacco alle identità – siano esse nazionali, etniche, di genere o tradizionali – ci pone nella condizione, per dirla con Dominique Venner, di “combattere contro ciò che mi nega”. E la cultura, in questo senso, è un’arma fondamentale: perché può insegnare a “dire di no”, ad avere una coscienza critica, ad organizzare una ribellione che non sia soltanto quella dei social network, ma quella operativa di chi pensa e agisce di conseguenza”.
Come si configura allora questo “Passaggio al Bosco”?
“Di certo non è una fuga dalla realtà: chi interpreta il “passaggio al bosco” come una diserzione è totalmente fuori strada. Il bosco non è un luogo immaginario popolato da eremiti, da sconfitti o da spostati mentali: è un fronte eterogeneo che non crede alla “fine della storia”, perché vuole ancora farla. Il Ribelle non è uno spettatore disincantato, ma un soldato politico. Tra gli alberi non echeggiano i lamenti della rassegnazione, ma le grida di battaglia dei combattenti. Oggi, questo bosco, appartiene a chi sceglie di attingere al vasto orizzonte della Tradizione, a chi riconosce ancora il richiamo del sangue e del suolo, a chi nutre un senso di appartenenza, alimenta un fuoco e non recide le proprie radici. Passa al bosco chi vive la Comunità e affida a quel “Noi” il proprio sacrificio. Quel “Noi” è rappresentato dal richiamo alla nostra Civiltà”.
“Essere comunità” è il titolo del suo libro, che apre il catalogo delle nuove edizioni. Può anticiparci qualcosa sui contenuti?
“Il libro nasce, nel contesto della militanza identitaria, per rispondere a una domanda apparentemente banale: “Che cos’è la Comunità?”. Ciò che diciamo di essere, spesso, lo diamo per scontato o lo confondiamo con fenomeni di sottocultura metropolitana senza alcuno slancio verticale. Ritengo che la Comunità, infatti, rappresenti un meraviglioso esempio di ribellione all’indifferenziato e all’Ideologia del Medesimo, che sono alla base del processo mondialista in atto. Perché la Comunità ci insegna il valore del dono in un mondo di egoismi; ci esorta all’umiltà e all’azione impersonale in un tempo di boriosi e di edonisti; ci ricorda il valore dello spirito di servizio e del rispetto della parola data, della gerarchia qualitativa e della trasmissione di un’eredità ideale. La Comunità è spazio e tempo, legami fisici e condivisione di esperienze, confronto e crescita, elogio delle differenze e tensione spirituale. La Comunità ci ricorda il valore del confine nell’epoca della dismisura e dell’abbattimento delle frontiere, ci spinge a ritrovare un centro e a tracciare un limes, per distinguere ciò che ci appartiene da ciò che ci è estraneo. La Comunità, insomma, è il terribile desiderio di una vita autentica: essa contiene tutti gli anticorpi necessari per affrontare questo terzo millennio”.
I prossimi libri in catalogo?
“Ci sarà la nuova edizione di “Ezra Pound economista”, con la prefazione di Adriano Scianca: un capolavoro scritto da Giano Accame nel 1995, sulle teorie antiusura del poeta, che oggi sembra essere ancora più attuale. Ci sarà anche una ricognizione evoliana su Ernst Jünger, curata da “RigenerAzione Evola”: sono gli articoli del Barone, inediti o sconosciuti, che raccontano lo Jünger “combattente, operaio ed anarca”. E infine un libro sulla guerra nel Donbass e sulla crisi ucraina, con la testimonianza diretta di reporter e di volontari attivi sul campo. Nel testo figura – tra gli altri – l’intervento di Aleksandr Dugin”.
Altri progetti in cantiere?
“Stiamo traducendo le memorie di Roger Coudroy, militante di Jeane Europe e primo europeo morto per la causa palestinese. Stiamo lavorando alla versione italiana di “The way of men”, il best-seller di Jack Donovan sulla de-virilizzazione dell’Occidente. E abbiamo, in preparazione, un ottimo saggio sui rischi e sulle contraddizioni della società multietnica. Oltre a questi, naturalmente, riporteremo alla luce tutti quei testi che offrono, anche a distanza di tempo, delle ottime chiavi di lettura”.
Il futuro della lettura e dell’editoria indipendente?
“Ne sono convinto, perché nonostante l’avvento del digitale e il calo delle vendite, il libro resta sempre il primo veicolo culturale. Le case editrici indipendenti, oggi, hanno il compito di non far disinnamorare il lettore, offrendo prospettive non allineate e dimostrando che il libro non è soltanto un prodotto da scaffale, ma qualcosa di più. L’indipendenza di una certa editoria, ormai, non è più soltanto sinonimo di libertà d’espressione, ma anche di qualità dell’opera nel suo insieme. “Passaggio al Bosco”, che non ha una vocazione commerciale e che non ha fatto una scelta comoda, cercherà di dare il proprio contributo, senza scadere nell’intellettualismo da salotto. In questo senso terremo bene a mente l’insegnamento jüngheriano: “Il motto del Ribelle è: «Hic et nunc» – essendo il Ribelle uomo d’azione, azione libera e indipendente”.