I dati, non ancora completi ma già esaustivi, delle Comunali di Roma declinano così il vecchio detto: per qualcuno le piazze “vuote” hanno significato altrettante “vuote” urne. Lo sconfitto, al primo turno, è proprio Gianni Alemanno che – dati alla mano – è indietro di diversi punti rispetto allo sfidante outsider Ignazio Marino. Quest’ultimo, nonostante un profilo eterodosso rispetto all’immagine del Pd capitolino, è riuscito a portare il centrosinistra in testa e mette una seria ipoteca anche per il secondo turno. Da parte sua Alemanno adesso dovrebbe ripetere quel “miracolo” che nel 2008 rappresentò la quadratura del cerchio di un centrodestra triumphans. Altri tempi.
Il risultato “sorprendente” – questa volta – è poi quello che riguarda il Movimento 5 Stelle. Il candidato grillino De Vito, infatti, non ha sfondato né confermato i dati del movimento che fino a soli tre mesi fa si presentava come il vero spauracchio per la conquista del Campidoglio. Invece l’ago della bilancia potrebbe essere proprio l’altoborghese Alfio Marchini che ha racimolato un discreto 9-10%: una percentuale che rappresenta con tutta probabilità il bacino dei “delusi” dall’esperienza Alemanno che hanno comunicato così la propria frustrazione.
Fin qui i numeri dei maggiori contendenti. Il primo turno di Roma, però, porta con sé una seria di riflessioni che si connettono con la situazione politica. Il dato dell’astensione, ad esempio, testimonia come il discorso su “Roma” sia stato totalmente assente dall’agenda politica dei partiti. Così come è evidente che il governo di larghe intese di fatto ha scoraggiato la “sana” competizione di cui Roma doveva rappresentare un passaggio vitale. Lo testimonia il fatto che il voto a Marino ha punito sì Alemanno ma non è stato sufficientemente ampio da chiudere la partita già adesso.
L’altro dato indicativo è che nemmeno il M5S, in questo momento, viene valutato dagli elettori come collettore di un dissenso che – a febbraio – aveva trovato qui la sua proiezione politica per quanto grossolana. Segno che i grillini vengono percepiti, solo dopo qualche settimana e le insufficienti prove politiche in Parlamento, non più come gli interlocutori della rabbia ma, cosa più grave per l’etica 5 Stelle, via via vengono classificati solo come i rappresentanti di un altro – l’ennesimo – movimento politico.
Sempre l’astensione, infine, testimonia come siano stati proprio gli elettori storici di destra a soprassedere in maggioranza al diritto-dovere del voto per questa tornata. Il “laboratorio Roma”, per il centrodestra, se non è finito del tutto ha comunque registrato un segnale di allarme significativo. Saranno due settimane topiche allora per cercare di recuperare terreno: forse, per il Campidoglio, rischia di essere un po’ troppo tardi. Ma nell’ottica di una destra da costruire ripensare in maniera critica a ciò che non si è fatto (in termini di scelta della classe dirigente, di idee, di interlocuzione mancata tanto con la società civile quanto con i movimenti di base) potrebbe essere premiato dagli elettori. I giudici più “giusti” che la politica contempli.
@barbadilloit