In questi caldi giorni di luglio, un qualsiasi italiano che si rechi con famiglia e fagotti a trascorrere qualche ora sulla spiaggia libera, a pochi metri dallo scarico a mare di liquami provenienti dai vari comuni a gestione democratica e antifascista, si troverà a scorrere i titoli di un giornale trovato sul tavolino di un chioschetto abusivo, sentendo salire dentro di sé una rabbia fredda mista a odio allo stato puro.
Fin dalla prima pagina salta agli occhi il titolo: “Buonuscita da 30 milioni, Flavio Cattaneo: “Nulla di scandaloso, ho la coscienza a posto”. Il Nostro eroe legge ma non capisce … Lui prende uno stipendio di poco meno di 1.500 euro, lavora da quasi trent’anni (ha cambiato un paio di lavori), non sa se arriverà a maturare una pensione che gli permetta di non morire di fame, e qui un tizio qualsiasi dopo un anno di lavoro se ne va con una buonuscita di 25 milioni e rotti? Alza gli occhi e vede sua moglie e i figli, pensa all’affitto, alle bollette, ai costi della scuola, alla macchina che si regge per miracolo (una vecchia Fiat costruita in Polonia), ed il cuore ribolle di rabbia.
Un altro titolo dice “La Camera vota la legge che taglia gli assegni agli ex deputati, tanto ci penserà il Senato ad affossarla. I parlamentari ormai lavorano solo quando c’è da salvaguardare la loro immagine, il loro posto o per votare leggi inutili e dannose”. Finalmente, pensa, cominciamo a tagliare i soldi ai ladroni del Parlamento! Legge che Pd e 5Stelle hanno votato insieme, rivendicandone la paternità, dimenticando che FdIl’aveva presentata tre anni fa. Forse è vero che i grillini e i piddini sono rinsaviti… Sbagliato, perché nell’articolo si evidenzia che il voto riguarda la Camera, mentre al Senato sarà sicuramente bocciata perché al Governo manca la maggioranza e nessuno vuole rischiare la propria pensione, vista la mancanza di lavoro fuori del Palazzo. Tutti pensano: e se non mi rieleggono, poi che faccio?
Legge ancora che, causa la siccità, il sindaco grillino di Roma si prepara a dare ai privati la gestione della Acea. Ma non avevano dichiarato che l’acqua è un bene pubblico e non si tocca? Che la Sanità pubblica è in crisi, e che quindi occorre passare a quella privata. (La Repubblica: “La crisi senza fine della sanità pubblica”), dimenticando di dire che la Cir di De Benedetti gestisce il gruppo Kos, specializzato nella gestione delle cliniche private.
Ormai stremato, l’occhio gli casca sulla situazione delle banche italiane: crisi continua (a parole), gestione allegra (con i soldi dei clienti), maxi stipendi ai dirigenti assolti sempre dalla politica, salvo essere suicidati dopo la gogna mediatica dei giornali di regime. Alla fine di ciò scopre che lo Stato (cioè noi, fra cui anche lui) pagherà oltre 180 miliardi di euro per salvare le banche decotte. E ripensa con strazio a quando il funzionario dell’agenzia Unicredit (alla quale lo Stato ha venduto le banche venete per 1 euro) presso la quale ha il conto sul quale gira lo stipendio, ha dato parere negativo alla sua richiesta di 5mila euro per fare fronte ad alcune spese urgenti in famiglia “perché le garanzie non erano sufficienti”.
Stravolto e ormai incapace di andare oltre, il nostro si guarda intorno e vede un gran numero di negri, giovani, muscolosi, tutti con il telefonino, e pensa che costoro per non fare nulla prendono un mensile, mentre lui si deve fare un “quore” così e in più ci paga le tasse. Ripensa anche a tutti gli zingari, che vivono a due passi dal suo quartiere semiperiferico, che possono fare tutto, senza mai pagare il conto, e in più il sindaco grillino gli vuole dare 800 euro al mese e comprare palazzi da destinare ad alloggi per le famiglie dei nomadi, mentre lui vive in poco meno di 80 mq al 4° piano senza ascensore di una vecchia casa popolare.
Ormai la giornata giunge alla fine. Gettato il giornale nel cestino, il nostro eroe raccoglie la sua famiglia e, saliti in macchina, si accinge al ritorno a casa.
*Editoriale del numero di agosto/settembre de Il Borghese