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58 giorni. Dopo il funerale, le prime accuse a chi aveva isolato Falcone con dolo

by Giovanni Marinetti
26 Maggio 2013
in Cronache
0

Giovanni Falcone26 maggio 1992. “Temo proprio che questa terra sia dannata”, dice lo scrittore Gesualdo Bufalino ai microfoni del Gr1 della Rai. Oscar Luigi Scalfaro arriva a Palermo, la sua è una visita improvvisa: depone una corona di fiori sul luogo della strage e fa qualche incontro, tra cui quello con i parenti degli agenti di scorta morti con Falcone.

Sono passate poche ore dal funerale e le prime accuse iniziano a venire a galla, i colleghi più vicini a Falcone ora possono difenderlo con forza. Perché Falcone era diventato bersaglio “politico”, oggetto di giochi sporchi e “mascariate” da parte di politici e, soprattutto, di colleghi. Per invidia, per paura.

Riecheggiano sui giornali le parole senza freni di Ilda Boccassini rivolte ai colleghi magistrati: «Giovanni sapeva di dovere morire. Ma gli è toccato morire con l’amarezza di essere lasciato solo. Voi avete fatto morire Giovanni Falcone, voi con la vostra indifferenza, le vostre critiche. Non potrò mai dimenticare quel giorno a Palermo, due mesi fa, quando a un’assemblea dell’associazione magistrati le parole più gentili per Giovanni, soprattutto da sinistra e da Magistratura democratica, erano di essersi venduto al potere. Mario Almerighi lo disse, “Falcone è un nemico politico”. E un conto è criticare la superprocura, un conto è dire – come il Csm, i colleghi, gli intellettuali del fronte antimafia – che Falcone era un venduto, una persona non più libera dal potere politico. C’è tra voi chi diceva che le bombe all’Addaura le aveva messe Giovanni o chi per lui. Abbiate il coraggio di dirlo adesso, e poi voltiamo pagina. Se pensate che non era più autonomo, libero, indipendente, perché andate ai suoi funerali? Dalla Chiesa non può andare ai funerali, Orlando non può andare. Se i colleghi pensano che in questi due anni Giovanni Falcone si sia venduto lo dicano adesso, vergogniamoci e voltiamo pagina. Ciao, Giovanni».

Falcone non piaceva alla mafia, non piaceva a tanti magistrati, non piaceva a tanti politici; allo stesso tempo, Falcone aveva la forza di imporsi, di andare avanti, di diventare pericoloso. Un mix micidiale, esplosivo. Che è esploso a Capaci. Il giorno dopo sarà Paolo Borsellino, sul Corriere della Sera, a rincarare la dose, parlerà di “piccole cose” sulle quali iniziava a fondare le sue valutazioni sull’attentato.

Forse si era dovuto fare in fretta. Perché?

Giovanni Marinetti

Giovanni Marinetti

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