Pubblichiamo la lettera inviata da Annalisa Bortone al Corriere del Mezzogiorno nell’ambito di un dibattito sul futuro delle destre e de centrodestra nel Sud
Caro Direttore,
seguo con grande interesse i servizi che il suo giornale sta dedicando all’argomento della crisi del centro destra, e mi permetto di farle avere un paio di osservazioni scaturite dalle lettura dell’intervista di Michele De Feudis a Marcello Veneziani.
Parto da una considerazione crudele, ovvero che la destra è morta nel momento in cui è nato il centro destra. E che la “mancanza di un partito egemone nel centrodestra”, oggi, giustamente additata da Veneziani come una delle cause delle sconfitte pugliesi, è necessariamente figlia di uno strumento anomalo per la politica italiana, le primarie, esigenza avvertita da capetti incapaci di proporsi con autorità ad uno schieramento e per questo necessitanti di una falsa approvazione popolare. Un escamotage che la politica si è trovata costretta ad inventare nel momento in cui sono venuti meno i grandi leader, e con essi la capacità di avere seguiti per la propria autorità, e non per le promesse o per i compromessi. Le primarie, insomma, sono figlie di una destra minore, costretta a diventare centro destra per non sentirsi fuori luogo, destinata ad essere ventre sterile, incapace di partorire giovani sani destinati a governare.
Dunque, la crisi del centro destra è, innanzi tutto, crisi della destra. Quella destra che era l’unica legittimata a governare il processo di “centralizzazione”, iniziato con l’ingresso in politica di Forza Italia; una destra che ha avuto paura di porsi come guida, principalmente per mancanza di un leader in grado di farlo (all’epoca, Gianfranco Fini), troppo impegnato a sconfiggere la nostalgia del passato per paura di dover mostrare il vero motivo della sua presa di posizione: la mancanza delle idee. E che ha lasciato molti figli, ancor peggio che orfani, ovvero figli di una destra diventata, all’improvviso, minore.
Oggi, noi figli di quella destra minore, siamo in cerca di riscatto. Lo pretendiamo, perché negli ultimi 30 anni nessuno è stato capace far crescere nessun altro nella cultura del servizio all’ altri da se’, alla cultura della res publica e della res civica. Abbiamo avuto grandi figure, in Puglia, ma probabilmente è stata proprio la loro grandezza a fare ombra sulle qualità degli altri, impedendo da una parte di individuare l’albero buono da far crescere, dall’altra nascondendo la dappocaggine dei tanti autoreferenziali che negli anni si sono proposti per le loro qualità, rimaste poi occulte a tutti.
In molti (me compresa), dopo anni di impegno sociale e civile, ancor prima che politico, hanno preferito racchiudersi nel privato per non essere complici dello sfacelo pubblico, hanno preferito le piccole soddisfazioni del quotidiano rispetto alle grandi delusioni di un impegno civile. La colpa, è anche nostra. Abbiamo permesso agli ignavi di andare avanti, anche perché abituati a rispettare le scelte fatte dall’alto, seppur non condivise. Quanto avrebbero fatto ridere le primarie, ai tempi di Almirante. Oppure, immagino cosa sarebbe successo se la diatriba tra Rauti e Fini, e poi Alemanno e Gasparri, si fosse racchiusa in un’urna, anziché essere combattuta sezione per sezione, circolo per circolo. Non avrebbero avuto senso le tante serate, mesi, anni passati in Fronti della Gioventù popolati da spiriti poco più che quattordicenni, che trattavano i temi dell’ inquinamento, della salvaguardia del territorio, che gridavano all’Europa Nazione e all’Irlanda libera. E invece, un senso lo hanno avuto, tutti quegli anni. Perché dietro agli slogan c’era la consapevolezza della necessità di un impegno quotidiano per poter davvero Andare Oltre, per Fare Fronte alle necessità sociali, per costruire La Base critica.
Non avremmo mai pensato che ci sarebbe stato chi, dopo di noi, e magari anche molto piu’ giovane di noi, avrebbe trattato la politica come un lavoro (ignorando che è una passione) adatto a gente con poco cuore e molto stomaco, cucito su misura per personaggi in cerca d autore e per comparse alla ricerca di un impiego non troppo impegnativo.
Oggi avvertiamo tutti una necessità, ovvero quella che la politica ritorni al livello delle grandi idee ed abbandoni quello delle piccole lotte. E per farlo è necessario trovare modelli in grado di volare alto, in grado di avere il punto di vista delle aquile, non piu’ quello dei piccioni. E tutti devono contribuire ad alzare l’asticella del dibattito civico e politico; è un dovere, che parte dalle coscienze e passa per la stampa, attraversando la scuola, per arrivare infine alle istituzioni – anche quelle locali, alle quali servono le grandi idee per vivere e smettere di sopravvivere, per consentire a tutti di crescere come cittadini, smettendo di essere sudditi.
La destra è morta quando è nato il centrodestra. Ma forse ora che il centrodestra è in crisi, puo’ finalmente rinascere, senza vergognarsi di lasciare a casa chi pensa che la destra sia la mano con cui si mangia.
*Militante del movimento di destra eretica Andare Oltre, già nel FdG, figlia di Adriana Poli Bortone