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Libri. I proscritti di Andrea G. Pinketts sguazzano in “Sangue di yogurt”

by Francesco Marotta
24 Luglio 2017
in Libri
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Andrea G.Pinketts
Andrea G.Pinketts

Un rifiuto è molto prezioso. Ciò significa che può innalzarsi da un semplice No, dal rango di un rifiuto vero e proprio, ad un qualcosa di più alto e profondo. Dipende dai punti di vista, quando questi non tradiscono, spesso sono in conflitto. Questa è una storia senza vertebre, che tutto di un tratto ritrova più colonne vertebrali sprizzanti ma, senza l’obbligo indefesso di uno Spritz, di vita propria. Le vite sono come le storie: tante si assomigliano ma poche si pigliano. Andrea G. Pinketts è riuscito a farne un trittico. Perdon, un quadruplo, granuloso e indigesto, come lo yogurt somministrato ad un colitico “A sangue freddo” e molto più amaro, delle ossessioni di Truman Capote.

Pinchetti, torna il libreria con “Sangue di yogurt” riedito da Lastaria Edizioni, Collana Verve, con l’aggiunta delle splendide illustrazioni del celebre fumettista Antonio Terenghi (Sigh…) e dalla copertina che è un’opera d’arte di Alexia Sollazzo, dall’omonimo nome “Sangue di yogurt”, impresso a Olio di tela. Una nouvelle Monet, molto impressionata da Milan, senza mai aver messo piede da giovane, a Le Havre.

Questo noir, comprende quattro storie e dei personaggi molto diversi tra loro. La narrazione swing e l’inventiva nera a suon di Jazz di Andrea, ha partorito delle fighe sensibili e intelligenti della televisione (strano ma vero). Degli psicoanalisti-detective che spesso sono l’esatto contrario, salvo impersonare molti degli alias perduti nelle notti asfittiche, dell’analisi della mente. Dei paperi temerari dal becco fine e dalle ali comandate da un cervello che, tra una tapas e un cicchetto di birra, giocano alla pelota con quello umano. E infine, quella di un riccio che in natura è bohémien, imprigionato nel deficit della razionalità della (in)civiltà dello spettacolo e delle aspirazioni, sin troppo umane.

L’ironia e la celebre capacità di comporre frasi a effetto, sono la ciliegina sulla torta che molti vorrebbero mangiare prima del pan di Spagna e della crema chantilly. Ma andiamoci piano. Perché c’è sempre un inizio e, alcune volte, coincide con una fine e dei titoli di coda con una macchia da proscritto. Capita a chi non è beghino. A chi ostenta una prudenza urticante per manifesta ipocrisia, di solito gli si ritorce contro :” Sangue di yogurt è una storia che ha una storia: nasce da un rifiuto della Mondadori,datato 1985, di pubblicare il mio primo romanzo, Lazzaro vieni fuori. Per una sorta di giustizia poetica, oggi la Mondadori si rifiuta di non pubblicare i miei libri”.

Erano gli anni in cui farsi un nome era l’equivalente di riuscire a farsi, mica metaforicamente, una vita. Parliamo degli anni ottanta, dove un aperitivo con una modella, con Helena Christensen o con Naomi Campbell più la madre, somigliava a un rito quotidiano. Quanto il culto, ignobile, delle arrampicate sociali e dei fighetti alla “Wall street” di Oliver Stone. Ed è in questo contesto che nasce “Sangue di yogurt”. Per meglio dire, dalle collaborazioni giornalistiche e letterarie di Guido Giraudo, che vide giusto.

Molto più a lungo dell’immaginario collettivo, inserendo i racconti sulla rivista “Blitz” che di lì a poco, sarebbe diventata lo sparring partner dei paracadutisti senza il paracadute, dei detenuti rinchiusi ma, prodighi di un’immaginazione al limite dell’auto-produzione e, tra questi, dei giovani adolescenti in via di sviluppo ormonale, alla ricerca continua di un’emozione (altro che virtuale !) da acquistare a poche lire e con il beneplacito di un edicolante, di gran lunga più segaiolo di loro. I gusti sono gusti. De gusti bus per loro, gli adolescenti. Invece, per chi ci riusciva e, spesso capitava, era meglio una sana e veloce sveltina.

Era una questione di rapacità, quanto quella di Andrea, nello scrivere al piano rialzato del mitico Le Trottoir, un noir come questo. Fatto di sangue e yogurt, di dialoghi al limite dell’impossibile e del ritrovarsi, sempre che ce ne sia stato bisogno, nei propri panni. Una ristampa, un rifiuto e un inizio scoppiettanti, in grado di rilevare gli abbagli di un tempo, smontando le illusioni del momento. Poi, se non vi piacciono i sigari toscani e leggere sul filo delle ambientazioni surreali, fatevene una ragione. C’è sempre la prima volta e non è detto che arrivi all’improvviso.

Il sangue chiama lo yogurt ed il connubio vi sorprenderà. Tanti saluti dalla Milano noir che non è solo da bere ma soprattutto da scoprire. Lei, la città,è nuda e misteriosa come le quattro ambientazioni della raccolta di racconti pinkettiani. Cosa aspettate, gli emigrati dell’isola di

Santa Mutanda ?

Ogni riferimento non è puramente casuale e sia il contenuto del libro come nella vita, serve fegato. L’idolatria, nasconde sempre qualcosa. Anche dietro una mutanda. Diamo alla natura delle cose il suo nome,visto che il cognome è sparito di soppiatto.

*Sangue di yogurt di Andrea G. Pinketts (Lastaria Edizioni, Collana Verve, pgg. 260, euro 14)

@barbadilloit

Francesco Marotta

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Tags: andrea g. pinkettsBarbadilloculturaletteraturalibrimarottasangue di yogurt

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