Cosa dicono i 150 anni dalla nascita di Luigi Pirandello? Primo, siamo attraversati dal suo profondo pensiero. Secondo, le statistiche ricordano che c’è Dante Alighieri e poi c’è Pirandello tra gli scrittori italiani più stampati nel mondo. Questo anniversario è una conferma di una grandezza nazionale che sarà celebrata con eventi e concorsi nelle scuole. Gli Istituti Italiani di Cultura, nel quadro della Settimana della Lingua italiana nel mondo, organizzano spettacoli con attori e proiezioni. Suggestiva è l’idea di leggere le pagine dello scrittore, tra gli arbusti e la terra rossa della contrada Caos, alle ore tre del mattino del 28 giugno. Con il Presidente della Repubblica che sarà ad Agrigento il 6 luglio.
Oltre a ciò, le testimonianze di scrittori, registi e attori raccontano il proprio Pirandello. Ognuno mantiene un legame con una novella, un romanzo, una commedia e il tutto conduce a fare un breve bilancio del Pirandello che abbiamo incontrato nella cultura italiana. È acquisita la ricostruzione dell’opera dello scrittore siciliano come forte coscienza critica della borghesia e della cultura liberale (cfr. Arcangelo Leone de Castris). Sono divenute esperienze storiche quelle dei registi Squarzina, Strehler, Costa, che crearono un teatro meraviglioso per un Pirandello attualizzato negli anni sessanta.
Come esprimere allora una nuova attenzione sul grande scrittore? Riprendiamo i temi della dialettica tilgheriana tra vita e forma in una frenetica società dell’immagine? Attualizziamo Pirandello come autore dell’alienazione per la nostra ‘società liquida’? Piace invece ritrovare la vicenda di un italiano con la sua esemplarità storica.
Chi è l’uomo Pirandello? È il figlio di Don Stefano che prese a schiaffi Cola Camizzi, il mafioso di Girgenti. È l’intellettuale impegnato che, con ‘I vecchi e i giovani’, fa un bilancio storico del Risorgimento e del corrotto Regno d’Italia. È l’italiano che, con il Mussolini dell’ affaire Matteotti, scrive al duce il telegramma con cui chiede l’iscrizione al Pnf. Cosa rappresenta quel suo gesto contestato? Opportunismo politico? Quel telegramma invece afferma una sua autonomia del giudizio: Pirandello non pensa ad un Mussolini direttamente coinvolto nel caso Matteotti. Un siciliano di dubbi e di rabbie che scrive “Pagliacciate! Pagliacciate!” il giorno in cui riceve i giornalisti per il suo Nobel.
E torna alla memoria quella frase – da ‘Il fu Mattia Pascal’ – in cui l’idea della democrazia è scardinata, “Quando i molti governano pensano soltanto a contentare se stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata di libertà.” Riemerge un pensatore che, nel nostro tempo, avrebbe come bersaglio polemico il cosiddetto politically correct e la democrazia delle convenienze.
Lo scrittore nato a Girgenti sarebbe un battitore libero in un quadro politico post-idelogico. Direbbe la sua senza alcun tabù di partito, “Io sono apolitico. Mi sento soltanto un uomo sulla terra.” Non sopporta i moralismi. Litiga duramente con Giovanni Amendola. È un uomo scettico. Concreto. Tanto gentiliano nella sua concezione dell’arte; forse per l’antipatia con Benedetto Croce? È il figlio del Caos che, con il suo funerale, insegna all’Italia la sobrietà assoluta.
Vitaliano Brancati racconta un giovane Luigi che parte per Roma “con una povera valigia sopra una povera carrozza” e poi “con un povero carro funebre” il vecchio Luigi va via, da Roma, nel 1936, senza cerimonie di Stato. Per questo Mussolini si arrabbia come un matto, ma Luigi scompare così, senza esequie, in silenzio, povero corpo nudo.
Nella sua ultima opera, ‘I giganti della montagna’, la più simbolica, brillano ragioni finali da rammentare. Qui un personaggio invita tutti a mostrare sempre l’anima: quella pulita. E dice pure di restare stupiti per le “cose che ci nascono dentro” e se poi qualcuno dicesse di aver dentro di sé la verità, starebbe un po’ inventandola.