Il 27 maggio l’Isis ha compiuto una nuova strage di cristiani copti in Egitto, a Menyah, causando 35 morti. Da tempo la comunità cristiana mediorientale è sotto attacco e le immagini di eccidi fanno continuamente il giro dei principali media occidentali. Ciò che sta accadendo in Medio Oriente offende il prosperoso passato della civiltà islamica che ha per secoli rappresentato un faro di ricchezza e di progresso. Quando l’occidente versava nella barbarie e nell’arretratezza, le regioni mesopotamiche e i califatti confinanti erano nazioni floride e progredite. Lo sa bene l’inglese Gerard Russell, che per 14 anni ha vissuto in Medio Oriente svolgendovi diversi incarichi diplomatici per conto della Gran Bretagna e delle Nazioni Unite. Ha vissuto a Il Cairo, a Gerusalemme, a Baghdad, a Kabul e a Gedda e ha conosciuto in prima persona la cultura islamica e le singolarità locali. La casa editrice “Adelphi” ha tradotto e ha pubblicato nel 2016 il suo saggio “Regni dimenticati: viaggio nelle religioni minacciate del Medio Oriente”, uscito negli Stati Uniti nel 2014. Lo potremmo definire un diario di viaggio, perché raccoglie le sue esperienze nei Paesi dell’Oriente, ma ha anche le caratteristiche di un saggio di storia delle religioni. Russell ha avuto modo di conoscere le comunità religiose minoritarie del ricco panorama spirituale mediorientale. Riporta in questo testo la storia, i costumi e il presente delle comunità yazida, madea, drusi e di tante altre minoranze, tutte vittime delle persecuzioni dell’Isis. L’intento del suo lavoro, che lo ha tenuto occupato per quattro anni, è di evitare che la memoria di questi antichi popoli possa svanire tra il sangue dei massacri e il silenzio dell’occidente. Descrive dei suoi numerosi spostamanti in Libano, in Iraq o in Afghanistan la storia di popoli che hanno attraversato i secoli riuscendo a conservare le loro antiche tradizioni. Pensiamo ai drusi libanesi o ai kalasha afghani. Sono piccole isole di storia e di spiritualità uniche, che si differenziano quasi del tutto dal cristianesimo e dall’Islam. I contatti con queste religioni maggioritarie hanno prodotto naturali trasformazioni che non hanno intaccato il cuore originario di questi culti. Si tratta per lo più di forme sacre esoteriche, elitarie e alle volte l’estremo settarismo ha permesso che il sapere tradizionale fosse conservato nonostante le repressioni e le influenze esterne. I sacerdoti studiano gli antichi testi, celebrano i riti e si occupano di tramandare, alle volte oralmente, il patrimonio ideale della comunità. Emerge però un presente piuttosto fosco nei loro racconti. La guerra, la povertà e le persecuzioni religioni inducono interi villaggi a emigrare, sfaldando il tessuto sociale tradizionale. La diaspora, non come l’Isis, è un fattore destabilizzante che potrebbe favorire la dissoluzione di queste antichi patrimoni. Russell va anche in occidente a trovare coloro che sono scappati dai loro Paesi e si sorprende della loro fedeltà alla religione dei padri, nonostante l’occidente materiale e laicista tenti in ogni istante di allontanarli dalle proprie origini. Emerge inoltre un’immagine alternativa, ma veritiera, dell’Islam. Siamo abituati a banali generalizzazioni sull’intolleranza musulmana: i califfi ovunque sterminarono e imposero la fede nel Corano. Al contrario gli arabi hanno tollerato le minoranze e non è raro che abbiano addirittura mostrato interesse per queste sette, specie per quelle che racchiudevano il proprio sapere in libri: ravvisavano in questi testi anticipazioni del Corano o una sapienza, corrotta si, ma che derivava dal libro sacro dell’Islam. Naturalmente le repressioni ci sono state, ma a fasi alterne e non in tutte le regioni del mondo islamico. Fino agli inizi del XX secolo queste minoranze hanno potuto celebrare i culti, prima che il pensiero radicale islamico imponesse un nefasto purismo. Nella Prefazione di Rosy Stewart si afferma che “gli stati islamici – che in Europa acquisirono fama di ferocia e discriminazione – si dimostrarono in realtà più tolleranti verso le altre religioni di quanto lo fu l’Occidente cristiano.” E’ necessario non dimenticare queste storie e questi popoli piuttosto sconosciuti ai più. Russell ci aiuta a conoscere queste genti, le loro culture e anche le lingue sacre, così come l’antica sapienza, e riserva molte soprese nel constare le tante similitudini che ci sono con il mondo occidentale. Nel tempio zoroastriano di Yazd, in Iran, splende un fuoco sempiterno, una scintilla divina di Ahura Mazda, che è molto simile a quella fiamma eterna che splendeva secoli or sono a Roma, nel tempio di Vesta. Questi parallelismi sono prove di un continuo contatto tra oriente e occidente e di una probabile comune origine indoeuropea. Infine popoli “al limite del mito”, come i samaritani, citati nei Vangeli, sono tuttora presenti in Israele e in Cisgiordania. Russell ci fa scoprire queste e altre realtà a noi del tutto ignote. E’ un dovere non “dimenticare” questi regni “perduti”.