![L'Europa come mito fondante che salda più patriottismi?](https://www.barbadillo.it/wp-content/uploads/2017/05/Europa-nazioni-660x330-310x155.jpg)
L’idea di discutere seriamente dopo le recenti presidenziali francesi le sorti di uno schieramento politico che in Italia è uso definire “sovranista” è senz’altro opportuna, con due minime premesse:
- Il tifo calcistico fa male alla politica ed anche alla digestione, vista la sorte delle “cene” con cui nella penisola si sarebbe dovuto festeggiare la vittoria della Le Pen; potremmo dire, a ben pensarci, che porta pure jella.
- Archiviamo rapidamente le tristi sorti della Francia, destinate ad esser governate da un Mario Monti più giovane ed ancor più di plastica ed ambiguo, per cui presumibilmente più feroce ed autoritario.
La stessa emersione di uno schieramento europeo “sovranista” può apparire una contraddizione in termini, dopo che una sua caratteristica diffusa è apparsa esattamente essere il rifiuto dell’Europa Unita e la richiesta ad alta voce di un ritorno alle sovranità nazionali, assieme all’abbandono dell’Euro. Questo in maniera quasi egemone, anche se sappiamo bene come all’interno delle diverse forze politiche che, scorrendo la carta dell’UE, vengono collocate nel contenitore “sovranista”, le posizioni a proposito dell’UE e dell’Euro siano ben differenziate.
Ed è oramai chiaro che le aree “sovraniste” e “populiste” non coincidono se non parzialmente ed assai imperfettamente, per la disperazione dei gazzettieri e dei velinari dei nostri media europei, che avevano trovato nell’aggettivo “populista” un comodo passepartout per cercar di screditare i critici nei confronti della globalizzazione tardo-liberista (l’aggettivo “tardo” è scelto per richiamare la vecchiezza: si noterà come l’egemonia globalizzante si incarni in una vera e propria gerontocrazia internazionale sia economica che politica, per cui anche i “gggiovani” devono perlomeno scegliersi un’amante vecchia, da cui la constatazione che il mondo globalizzato è giovane come Soros e fecondo come Macron): ciò a meno di non voler dare del “sovranista” a Grillo e della “populista” alla May. Ma si sa che è dalla metà dell’800 che l’Inghilterra, qualsiasi cosa faccia, ottiene sempre il più pecorile degli ossequi nei milieux del sottopotere politico e mediatico italiano.
Verrebbe anzi da chiedersi se, guardando l’insieme della politica europea un’area “sovranista” attualmente esista: la risposta è che una profonda esigenza di salvaguardia delle comunità locali e nazionali, così come delle identità culturali e spirituali dei popoli europei, sempre più diffusa di fronte alla dittatura “morbida” della globalizzazione finanziaria e dei suoi processi di condizionamento di massa, certamente è diffusa ovunque, ma si esprime in modi diversi, coerentemente (e non potrebbe esser diversamente) con le radici di ogni popolo.
E qui il modello del Front National ha immediatamente dimostrato di essere troppo inquinato dai microbi bisecolari della società francese per essere prima ancora che vincente, condivisibile altrove: parliamo dei microbi di una laicité nevrotica ed ossessiva, di un nazionalismo giacobino troppo spesso francamente buffo da cui poche minoranze in Francia hanno saputo liberarsi, solitamente rimembrandone i costi umani e storici, ed infine di una rozzezza nell’esposizione dell’alternativa che, francamente, di per sé ipotecava il risultato finale. Probabilmente vi sarà bisogno di un ulteriore salto generazionale perché in Francia si chiuda il ‘900.
Che, inoltre, il FN fosse poi del tutto incapace di coagulare attorno a sé un’alternativa europea ci è parso chiaro da anni, vedendone l’inerzia all’interno delle Istituzioni comunitarie e constatandone l’assoluta mancanza di interesse verso la metà dell’Europa ad est dell’Austria. Credo che questo fosse chiaro anche a quelle forze politiche italiane che a lungo hanno cercato di fare “i Le Pen italiani”, ma comprendo come la tentazione di affidarsi a qualcun altro per conseguire un risultato politico (lavorare meno, far lavorare gli altri…) dal 1994 in Italia sia eccessivamente seduttiva, anche se reiteratamente vana. Proporre una critica dell’Unione Europea (e Dio sa se uno ci si possa divertire…) senza proporre un’Altra Europa, proporre una critica dell’Euro sognando il ritorno alle monete nazionali e ripiegando sulla retorica nazionalistica otto-novecentesca era una scelta suicida (ossia ontologicamente minoritaria) fin dall’inizio della crisi economica mondiale, figuriamoci ora, che dire/urlare di “no” non basta proprio più.
Ma partendo dalla realtà, nel 2017 le esperienze politiche concrete che possono vantare di aver realizzato una parte di un’azione di tutela delle proprie identità e specificità, quali sono? Molto diversificate: ciò non ha nulla da dirci? E su che base sociale, facendo forza su quale popolo ciò è stato possibile? Che rapporto ha avuto l’azione politica nel proprio paese con la tutela delle proprie radici storiche, culturali e spirituali? Che rapporto è stato costruito all’interno delle vigenti Istituzioni europee, con quali forze e con quali obiettivi? Quale Europa diversa pensare e proporre a cittadini che ne hanno le tasche piene dei (e nel contempo svuotate dai) commissari del potere finanziario, ma che non si fidano di una generica e francamente facile distruzione dell’esistente senza che sia almeno intuibile un’alternativa realistica e concreta? Se questa Europa, come dice Franco Cardini, appare sempre più una “falsa partenza” (e bisognerebbe far capire meglio ai cittadini come e quando, e da chi il progetto europeo è stato sviato in un binario cieco), per ripartire bisogna aver chiaro: a) dove si è; b) ove si voglia giungere; c) con quali mezzi e costi.
In sintesi bisogna rimboccarsi le maniche e riprendere a pensare.
*3° Presidente di Identità Europea