Mentre il Palazzo dell’Aeronautica a Roma apre le sue sale agli occhi, curiosi, del pubblico civile sono centinaia le storie meno note conservate tanto negli archivi della Forza Armata, tanto nei cimiteri e nei sepolcri della Penisola Italiana. A San Martino al Cimino, ad esempio, dove nel piccolo cimitero a due passi dal centro di Viterbo riposa il Capitano pilota Pietro Calistri, pluridecorato aviatore della Regia Aeronautica, comandante della Squadriglia “Dante Ocarso” del 1° Gruppo Caccia Terrestre “Asso di Bastoni” dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana, fulminato da una scarica di mitra il 28 aprile 1945 dopo essere stato sorpreso a bordo della colonna che accompagna Mussolini oltre confine.
Nato a Verona nel 1914 da famiglia viterbese, originaria di San Martino al Cimino, si diploma al liceo classico di Udine per poi entrare, nel 1935, quale allievo ufficiale nella RA. E’ un cacciatore, Pietro, che vola prima in Spagna; poi, con l’entrata dell’Italia nella 2° Guerra Mondiale combatte in Africa e nel Mediterraneo inquadrato nei ranghi del 54° Stormo Caccia Terrestre.
Dopo l’Armistizio aderisce all’ANR della Repubblica Sociale Italiana comandando, inseguito alla formazione dell’unità nel ’44, la 3° Squadriglia “Dante Ocarso” del 1° Gruppo CT “Asso di Bastoni” del maggiore Adriano Visconti.
Dopo aver lasciato la guida del reparto, opera in una stazione radar a Senago per poi, nell’aprile 1945, aggregarsi ad una colonna dell’aeronautica tedesca alla quale si unirà la stessa sulla quale viaggia Benito Mussolini. Una coincidenza che costa la vita al capitano Calistri, che seguirà la sorte di Mussolini: il Duce muore a Giulino Mezzegra con Claretta Petacci, mentre Calistri finisce a Dongo con i gerarchi (e con l’ex fondatore del PCdI Nicola Bombacci e il giornalista Ernesto Daquanno, fondatore della Stefani), tutti fucilati dai garibaldini e le salme poi esposte in piazzale Loreto. Coincidenza si diceva, perché Calistri è un pilota e, come gli altri ANR, non ha partecipato
alla Guerra civile, non ha morti di cui deve rendere conto, semmai ha svolto il suo dovere fino all’ultimo, combattendo con l’unica Forza Armata che, nella sua quasi totalità, dopo l’8 Settembre, trova naturale continuare a decollare per attaccare gli anglo-americani che, Armistizio a parte, a loro volta continuano a fare scempio di civili, infrastrutture e opere d’arte in tutto il centro-nord della Penisola. Nei giorni concitati della Liberazione, Pietro Calistri muore perché scambiato per il pilota personale di Mussolini, vittima di quella rabbia cieca e di quel furore che lascerà una ferita insanabile nel Paese, sia per l’elevato numero di inermi e di innocenti che cadono per le vendette partigiane, sia perché la crudeltà delle epurazioni è dettata quasi sempre dal desiderio di cancellare, dalla coscienza di un Popolo, le sue colpe più che i suoi meriti in Ventanni di Regime mussoliniano.