I segni della diplomazia sono difficilmente interpretabili a occhio nudo. Benedetto XVI ha chiuso la visita a Cuba fermandosi a colloquio con il lìder rivoluzionario Fidel Castro, mentre non ha incontrato nessuna delle organizzazioni di dissidenti, legate agli esuli filo-americani di Miami.
La Chiesa cattolica, dopo anni di dura contrapposizione con il regime caraibico, ha scelto una strada costruttiva, quella di dare un contributo all’evoluzione del sistema politico cubano. Senza strappi. Mentre in Occidente il sistema liberalcapitalistico è in piena fase di crisi, Benedetto XVI, pur ponendo come cardine della teologia politica il rispetto della persona umana e dopo aver sottolineato la fine dell’utopia marxista, non ha attaccato frontalmente l’idea che muove il governo cubano: quella di rappresentare attraverso politiche stataliste, una prospettiva di giustizia sociale ed equità.
A Miami, le parole di commiato di Benedetto XVI, saranno risuonate come deludenti, ma rappresentano una apertura di credito per il cammino intrapreso da Raul Castro: “Concludo qui il mio pellegrinaggio, ma continuerò a pregare ardentemente affinchè continuiate il vostro cammino e Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani, dove convivano la giustizia e la libertà, in un clima di serena fraternità. Il rispetto e la cura della libertà che palpita nel cuore di ogni uomo è imprescindibile per rispondere in modo adeguato alle esigenze fondamentali della sua dignità, e costruire così una società nella quale ciascuno si senta protagonista indispensabile del futuro della propria vita, della propria famiglia e della propria patria”. In più ha duramente criticato l’embargo contro Cuba, limitazioni definite “misure economiche restrittive imposte dal di fuori del Paese” che “pesano negativamente sulla popolazione”.
L’area culturale non conformista ha avuto nei confronti di Cuba sempre grande attenzione. Lo storico Franco Cardini, ricordando le riflessioni che la destra culturale italiana riservò alla rivoluzione cubana, pur senza lesinare commenti amari sulla limitazione delle libertà civili e religiose sull’isola, definì così il lìder màximo: “Fidel, allievo dei gesuiti, giovane cattolico irrequieto che leggeva Bernanos e si ispirava ai primi eroici e puri falangisti spagnoli, quelli sacrificati dalla furia repubblicana e dal cinismo di Franco, quel Fidel ci piaceva, ci incantava. Era dritto, lucido, pulito come una spada appena uscita dalla forgia”.
Adesso Fidel è stanco, ha ceduto il passo al fratello Raul, ma in quell’incontro con Benedetto XVI non ha potuto non domandare, in tempi di sofferenza per i popoli e i lavoratori, cosa si può fare per invertire la rotta. Il papa gli invierà libri per approfondire tematiche spirituali. La strada tortuosa per unire giustizia sociale e tensione verso il sacro, fede e ragione, si alimenta anche con incontri come questo, che segnano una netta distanza dalle certezze dei santoni del pensiero unico.