A volte ritornano, dicono. Ma quando mai se ne sono andati, questi. Epperò Uolter Veltroni a capo della Lega Calcio è qualcosa che davvero è di una coerenza spaventosa. Se non va lui in Africa, come promise, ecco che porta un po’ di (male) pratiche del Continente Nero in Italia. Giusto per chi non lo sapesse, infatti, la Fifa (almeno in teoria, eh) vieta che a gestire organismi del calcio ci siano i politici.
Uolter, però, politico non lo è. Ma uomo di cultura, che ama lo sport e segnatamente il calcio. E che per fare l’onore al calcio italiano di lasciarsi da lui guidare si atteggia pure a Padre della Patria, fissando condizioni ferree. All’apparenza, perché in realtà i punti fermi dell’intervistatore di Cassano e di Prandelli non significano proprio niente.
Leggiamo da Repubblica che Uolter ha chiesto massima condivisione da parte dei presidenti e che lo statuto nuovo presagisca al Cambiamento. Sì, l’ho scritto io con la maiuscola perché il Cambiamento è la chimera ideale del riformismo à la radical-chic che, senza dire nulla, consente di far bella figura. Una mera figura retorica. Dice sempre Repubblica che le piccole sono tutte lì, pronte a inchinarsi a re Uolter, l’uomo che regalò con l’Unità la cassetta di Italia-Germania 4-3. E che basta solo il voto di qualche grande per concludere. Dai Roma, dai Inter. Ditegli di sì.
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Credete che sia finita qui? No. Perché, sempre da Repubblica: “L’unico dubbio che ancora resiste per l’ex segretario del Pd, è il dover lasciare per quattro anni il suo attuale lavoro di scrittura e la possibilità di esprimersi liberamente su temi civili”.
E daje ancora: “La possibile presidenza Veltroni sarebbe la dimostrazione concreta che finalmente le società vogliono cambiare il calcio italiano. E non sarebbe un omaggio alla politica, perché Veltroni è definitivamente uscito dall’agone politico da otto anni”. Perché Uolter dovrebbe cambiare il calcio solo con la sua annunciata candidatura? Ma chi è? L’uomo che riporterà gli italiani allo stadio! Ed ecco spiegato il perché: “Ormai le società hanno capito che è il sistema a dover crescere nel suo complesso: il primo passo da fare è quello di riportare i tifosi allo stadio, ristrutturare gli stadi, ricreare le condizioni per cui ogni partita sia uno spettacolo di festa e divertimento.”
Uolter, che illuminatissimo è, saprà che gli italiani allo stadio non ci vanno più per due ragioni. La prima, perché gli costa meno fatica e meno denaro farsi l’abbonamento alla paytv. La seconda perché andare a tifare, specie in curva, è diventata attività sinomino di delinquenza; perché uno striscione ti può far andare in galera, per esempio.
@barbadilloit