Tra i massimi studiosi del fenomeno populista in Europa, autore del saggio “Italia populista” per il Mulino, e di un nuovo saggio in uscita per l’editore emiliano sul Front National, Marco Tarchi, ordinario di scienza della politica all’università di Firenze, ha analizzato con Il Tempo l’evoluzione del M5S, tra svolte liberali abortite, difficoltà interne e la prova deludente di Virginia Raggi in Campidoglio.
Professor Marco Tarchi, come interpreta le ultime evoluzioni del M5S nella scelta della famiglia europea a cui aderire?
“Come un errore, e come un segno del desiderio dei vertici del movimento di darsi un’immagine di minore distanza dalle istituzioni, onde apparire più credibili in una prospettiva di governo”.
Accanto all’approssimazione del passaggio politico (votazione, rifiuto dei liberali, ritorno nell’alleanza con Ukip), quale poteva essere l’orizzonte dei pentastellati in un gruppo tecnocratico pro-euro, con Monti e Prodi?
“In ogni caso, era un’alleanza che non sarebbe durata a lungo: giusto il tempo di rafforzare la velleitaria candidatura di Verhofstadt alla presidenza dell’europarlamento. Sono troppe le differenze tra i soggetti che avevano in programma di contrarre questo innaturale matrimonio”.
Questo dietrofront a Bruxelles avrà un impatto nell’elettorato italiano?
“È difficile prevederlo, un po’ perché le vicende del parlamento europeo attraggono l’interesse di una quota molta scarsa di elettori, un po’ perché, per un elettore Cinque stelle, le alternative sono scarse, al di là dell’astensione. La Lega potrebbe trarre vantaggio dalla vicenda, ma dovrebbe mostrare un profilo meno orientato a destra sul piano tattico-strategico”.
Nonostante il procedere ondivago, il M5S ha conservato gli elementi che lo hanno fatto classificare nel novero dei movimenti populisti?
“Mentre il discorso politico di Beppe Grillo ha sempre mostrato un profilo nettamente populista, le scelte del M5S, sotto questo profilo, sono state in genere molto sfumate. Il che non toglie che il grosso dei suoi elettori sia attratto proprio dalle prese di posizioni in cui più si rispecchia la mentalità populista”.
Sulla politica estera i parlamentari grillini criticano la Nato, fino al punto di auspicare di ridiscutere l’adesione italiana all’alleanza con un referendum. Quale visione geopolitica sottende queste proposte?
“Lo scetticismo del M5S sul ruolo della Nato, e più in generale sull’influenza esercitata dagli Usa nei confronti dell’Europa, non data da oggi. Basti pensare all’avversione dichiarata al trattato per il commercio transatlantico e all’opposizione all’atteggiamento antirusso dell’Ue nel conflitto ucraino. Il movimento è molto legato al concetto di sovranità nazionale e ha una propensione pacifista, sia pur non alla cieca. I due elementi, sommati, spiegano le posizioni cui ho accennato”.
Il regolamento dei garanti per le inchieste giudiziarie: come giudica le regole adottate? Una svolta garantista?
“Sì, ma dettata dalla constatazione che nessuno è al riparo dai sospetti e dalle inchieste giudiziarie quando occupa un posto di responsabilità istituzionale. Scaricare un sindaco per un avviso di garanzia per abuso d’ufficio era un comportamento suicida”.
La nuova legge elettorale: ci possono essere sistemi elettorali in grado di congelare, come i voti del Msi nella Prima repubblica, i consensi dei pentastellati?
“I sistemi elettorali, tutti per loro natura manipolativi delle scelte degli elettori, sono un’arma terribile e infida, e non c’è dubbio che gli altri partiti cercheranno di escogitare quello più adatto a fare argine ai Cinque Stelle. A vantaggio dei quali c’è però l’atteggiamento di molti elettori che, a seconda dei casi, li preferiscono, in un confronto secco a due, al rivale di destra o a quello di sinistra. Per questo dubito che si sceglieranno soluzioni a doppio turno. La proporzionale potrebbe costringere il M5S ad alleanze, che non a tutti i suoi elettori piacerebbero”.
Le prove dei sindaci pentastellati. All’affidabilità della Appendino a Torino fa da contraltare la complessa sindacatura della Raggi. Come si spiegano le difficoltà nella capitale e l’approccio pragmatico nella città della Mole?
“Credo che anche Virginia Raggi abbia un profilo pragmatico. Forse anche troppo, visto che si è fidata di personaggi discutibili, solo perché avevano esperienze consolidate in amministrazioni precedenti. Si sapeva già prima della sua elezione che la gestione di Roma sarebbe stata una prova terribile, sia per le difficoltà di operare in una metropoli piena di problemi irrisolti, sia perché l’attenzione dei media e l’ostilità dei politici si sarebbe concentrata su questa città. Torino è da sempre più silenziosa e defilata”.
In conclusione il M5S corre il rischio di un improvviso declino come è capitato in Germania al partito dei pirati o in Italia allUomo qualunque di Giannini?
“Il rischio c’è sempre, in questo tipo di movimenti. Sta a chi li guida riuscire a scansarlo”. (da Il Tempo)
@waldganger2000