Jorge Rafael Videla è morto. Il dittatore argentino se n’è andato serenamente, nel sonno, alle 6:30 di venerdì, ora locale, all’età di 87 anni. Era nato a Mercedes, in provincia di Buenos Aires, il 2 agosto 1925. Quando è stato colto dal malore fatale si trovava nel carcere di Marcos Paz, vicino a Buenos Aires. Lo piangono i sostenitori, gli alleati, i finanziatori, gli emuli della dittatura che lo vide a capo dell’Argentina fra il 1976 e il 1981. Fra questi ci piace ricordare:
– La più grande democrazia del mondo, che la mattina del 7 ottobre 1976, nella suite del Waldorf Astoria, a New York, diede, nella persona del segretario di Stato Henry Kissinger, già premio Nobel per la pace, il suo assenso alla dittatura durante l’incontro del suddetto con l’ammiraglio Cesar Guzzetti. «Guardi – spiegava Kissinger al militare argentino, come si legge nel resoconto dell’incontro recentemente declassificato – noi speriamo che voi abbiate successo. Io ho una idea che sembra stia passando di moda ed è quella di appoggiare comunque gli amici. […] Quanto più in fretta voi otteniate risultati, tanto meglio. Il tema dei diritti umani sta crescendo negli Stati Uniti. Se voi riuscite a terminare prima che si riunisca il nuovo Congresso è meglio».
– Le gerarchie ecclesiastiche, nelle quali probabilmente non rientra Papa Bergoglio, ma di sicuro il nunzio apostolico Pio Laghi, l’ex presidente della Conferenza episcopale Raul Primatesta e altri vescovi che offrirono i loro buoni uffici affinché il governo informasse della morte dei figli tutte le famiglie che si fossero impegnate a smettere di protestare.
– I compagni di affiliazione della loggia massonica P2, alla quale Videla, Massera e López Rega erano affiliati assieme a 208 militari, 67 uomini politici, 52 dirigenti ministeriali, 47 industriali, 49 bnchieri, 36 docenti universitari, 27 giornalisti, 18 magistrati, 10 dirigenti Rai della repubblica nata dalla Resistenza.
– I fedeli sostenitori del Partido Comunista Argentino, che sostennero da subito Videla considerandolo un militare democratizzatore e un salutare freno alle derive pinochetiste nell’esercito. A differenza di tutti gli altri partiti, non a caso, quello comunista non fu affatto sciolto durante la dittatura. Ci piace ricordare l’atto ufficiale del Partito contro l’amministrazione Carter che protestava per la violazione dei diritti umani, nel quale si denunciava il presidente statunitense che “ha interferito negli affari interni del nostro paese brandendo ipocritamente la violazione dei diritti umani”. Ci piace ricordare i buoni rapporti tra l’Argentina di Videla e la Cuba castrista, nonché la strettissima relazione con l’Urss. Sovestskoya Rossia, in quegli anni, scriveva che “nonostante tutte le speranze della reazione il golpe di marzo in Argentina non è stato come quello cileno”.
– I dirigenti delle massime istituzioni calcistiche mondiali che, prima di impegnarsi nell’attuale ondata normalizzatrice volta a imporre il politicamente corretto e l’antirazzismo in ogni stadio, nel 1978 permisero a Videla la passerella trionfale dei Mondiali di calcio.
Restano invece in soddisfatto silenzio i peronisti di ieri e di oggi, quelli che amavano Evita prima del film di Madonna, i sostenitori della causa dei popoli, gli uomini liberi, gli anticapitalisti veri, i portatori di una visione politica sociale e nazionale, quelli a cui piacciono più le trincee che i colonnelli, quelli che schifano ogni Yalta, sempre e comunque.