Fumare è atto inutile per eccellenza, anzi, come da apposite segnalazioni sempre più giganteggianti apposte sui pacchetti, “dannoso per la salute”. Dannoso per te e per chi ti sta attorno… basterebbe solo a questi ultimi, specie i rompicoglioni redenti o piuttosto a qualcuno di quegli ottimisti bramosi d’invecchiare in salute. Verdura e palestra, tanta plin-plin, infine psichiatra, Tavor e al camposanto come tutti. Chi se ne fotte di Pompei, scempio di una nazione che ha perso il buon gusto, tanto da deturpare per tre quarti la bella custodia delle Davidoff Gold con macabre teatralità chirurgiche. Ci si tocca le palle per scaramanzia, anche per controllare che ci sia ancora tutto lì in mezzo, viste le paranoie stataliste sui rischi d’impotenza. E le Nazionali, che fine hanno fatto le Nazionali? La tabaccaia – presto sarà sostituita da un robot – non riconosce più le varietà, ora sono tutte uguali, con quegli aborti e denti marci in bella mostra.
Psicosi da sub-americani, puritanesimo orwelliano, managerialità sanitaria da Stato liberista in economia quanto impiccione nella sostanza del libero arbitrio. Per il resto tubi di scappamento, ciminiere sbuffanti, macchinette mangiasoldi e ruba-pensioni, tumori televisivi per lobotomizzati, maldestre colate di cemento ovunque, fiumi zozzi, ecomostri, mari untuosi e nereggianti… ma che importa? All’ipocrita istituzione salutista garba assai l’atto censorio simulato, il vorrei ma non posso (e non passo, ma intanto ti rompo i coglioni, incosciente cittadino della Repubblica), il mezzo divieto buttato lì a salvaguardare comunque il monopolio, l’ossessivo spauracchio ai danni del singolo individuo, il terrorismo psicologico, lo sfregio estetico pilatesco. Dinnanzi a quel maneggiare viscido di salute e benessere per cliniche private, mete di paranoidi in villeggiatura penitente, postulati di plastica antiumana, ci si arrangerà con resistenza ed abnegazione: continuo quando voglio, due pacchetti al dì, spiace solo di non poter fumare nel sonno.
Dapprima fu l’inibizione nei pubblici esercizi, ne prendemmo atto concionando mestamente sui lati positivi, tipo uscir fuori dal pub, accorgendoci così che gli abiti non puzzavano più di fumo, ma solo di fritto. Appestati e malvisti, i reietti tabagisti ciondolavano infreddoliti in capannelli grigiastri, in crocchi confabulanti nell’atto metafisico del tirar tardi all’addiaccio. L’ultima davvero, pacchetto accartocciato nel pugno e gettato oltre l’ostacolo, visita proforma al distributore automatico parlante – proteste del vicinato dormiente, seccato dalle direttive della voce metallica – bianco neon abbagliante nella nebbia, inserire la tessera fino in fondo come indicato dall’illustrazione, monete e impicci. L’ultima è sempre la penultima. Notte fonda quasi mattino, saranno le 4.00, si scrive per fumare, non il contrario, si aspira per ingioiellare una consolazione. Gesto automatico, sei minuti che anticipano le intenzioni, palliativo d’amore assente, rifugio per catarrosi anarchici, per gente in extremis, per chi se ne fotte. Fumare costa parecchio, lusso in perdita, denari tuttavia ben spesi se si tiene poco conto della noiosa utilità. Si fotta il denaro, sterco del demonio! Tutto questo pragmatismo idiota, questa produttività zelante, questa vita teleguidata, parametrata da burocrati in fregola da regolamentazione totalitaria. Fare sempre il contrario, non poterà a nulla, ma per lo meno servirà a dare un sapore all’esistenza.
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Tetta materna perduta dall’adulto scapestrato, praticantato vizioso per timidi all’attacco, estetizzante assenteismo per disagiati, uscita sospetta ed escamotage quando a tavola non se ne può più. Un libro, un disco, cognac, paglia, paina, stizza, cicca, bionda, fumo, evanescenza, miasma divino, negligenza liberatoria. Pipa, toscano, sigaro, rollata con tabacco in busta, tutta una proroga nuvolosa, tutta saggezza sprecata. Uno esce e se ne va, a fumare, uno fa all’amore per fumarsi una sigaretta alla fine, quel “dopo” che rivela il biancore delle lenzuola. Mozziconi a terra come in un quadro astratto, effimera posa cinematografica, corruzione volontaria di questo frugale passaggio terreno, saggia predisposizione epicurea allo sperpero godurioso, amore con protesi d’estasi. Schopenhauer sarebbe orgoglioso di noi, stoici dileggiatori del reale e delle nostre quattro ossa messe insieme nella carne. Fumare fa bene, sostituisce la vita pensata razionalmente con un attimo d’inanità, scambia il destino con la leggerezza di uno sbuffo, consente di vaneggiare amabilmente, rimandando il tutto a domani, regalando il proprio ego ad arabeschi levitanti, alla vanitas di un gesto vano e sublime.