Come ha scritto più volte il consigliere di amministrazione Giancarlo Mazzucca, il fondamentale problema della Rai è quello di non assolvere la funzione (oggi detta “missione”!) tipica di un servizio pubblico, cioè il pluralismo, dando spazio a tutte le idee e non soltanto a quelle dominanti e conformiste o a quelle del padrone (governo) di turno.
Questa totale carenza si vede anche in quelle che sono cose ritenute minori, ma non lo sono affatto, come è ad esempio la radio, in genere assai poco presa in considerazione ed è uno sbaglio. L’ultimo esempio è di una evidenza palmare.
Da sabato 7 gennaio e per otto puntate, una a settimana, andrà in onda su Radio 3 una trasmissione di mezz’ora dedicata ad uno dei massimi e più popolari scrittori del Novecento, J.R.R.Tolkien il creatore della Terra di Mezzo. Il programma va in onda su Pantheon, dedicata ai personaggi illustri, e stavolta a cura di Loredana Lipperini, preparata giornalista da sempre impegnata su questi argomenti, anche scrivendo su la Repubblica e alternandosi ala conduzione di Fahrenheit, lo storico programma della terza rete dedicato ai libri. Benissimo, ci si è detti, ne uscirà un’ottima cosa. Ahinoi, non è stato e non sarà così, come si può ben affermare dopo aver ascoltato la prima puntata e visto quali sono i contenuti delle altre sette. Purtroppo Loredana Lipperini ha fatto condizionare la propria indubbia professionalità da una faziosità inaspettata, lasciando spazio soltanto a certi esperti di Tolkien e della sua opera che rappresentano una specifica area culturale ed una tendenza interpretativa ed escludendo tutti gli altri.. In pratica facendo una precisa scelta di campo e del pluralismo delle idee carta straccia.
Il programma è tecnicamente ben fatto mescolando parole e musica, interviste e commenti, però a senso unico. Non si chiede per carità un contraddittorio, ma almeno che si sentano voci diverse e che abbiano del professore di Oxford una visione differente e non appiattita su coloro che, oggi e senza motivo, ritengono di essere gli unici interpretati depositari del Verbo Tolkieniano, come quelli invitati a parlare.
Tanto per dire, nella prima puntata un anglista di vaglia come Piero Boitani se ne è uscito con la sorprendente affermazione che la creazione di Tolkien non voleva essere una “mitologia per l’Inghilterra”. Il che si scontra con le parole esplicite dello stesso autore. E proprio perché anglista non ha citato tra le fonti ispirative di Tolkien il fondamentale Kalevala, il poema nazionale finnico.
Ma il vero problema sono gli esperti che in seguito vengono proposti come da scalette pubblicate. Ci sono ad esempio Roberto Arduini, giornalista de L’Unità e presidente della Associazione Romana Studi Tolkieniani, e Wu Ming 4, al secolo Federico Guglielmi, “socio fondatore” dell’ARST, che negli ultimi anni si è fatto una nomea come esperto del professore scrivendo un paio di romanzi che a lui o al suo mondi si ispirano, curandone un libretto (2010) e pubblicando una raccolta di saggi la maggior parte dei quali dedicati a criticare le interpretazioni di coloro chi non la pensa come lui. Che c’è di male? La maggior gloria di WM4/Guglielmi è di aver introdotto nella critica tolkieniana un metodologia “alla Lukàcs”: sono più importanti da giudicare le posizioni ideologiche o politiche, vere o presunte, dell’autore, della sostanza del saggio o articolo o libro esaminato o recensito. Il che lo obbliga a introdurre surrettiziamente e senza apparente motivo informazioni personali e citazioni estemporanee e extra argomento che nulla hanno a che fare con il contesto, al solo scopo di screditare, nei confronti dei propri aficionados orientati politicamente, vellicandone l’ostilità preconcetta, l’autore e il testo di cui si sta occupando. Un salto progressista all’indietro di quasi 70 anni, e l’impossibilità di un confronto sui dati oggettivi che per WM4/Guglielmi in fondo non contano nulla di fronte alla condanna di certe idee. Pura mentalità da Guardie Rosse maoiste.
Inoltre nel programma ci saranno anche un paio di scrittori generalisti abbastanza noti come Michela Murgia e Alessandro D’Avena. Stop. Ah, anche il giornalista Simonelli, autore di testi su Tolkien.
Ora sembrerebbe quasi che la serie sia stata appaltata alla Associazione Romana Studi Tolkieniani, quasi uno spot per essa, e che si muova sulla scia di chi ne fa parte e del suo punto di vista. Magari rispettabili ma assolutamente parziali e sovente faziosi. In otto puntate, da qui al 25 febbraio, in ben quattro-ore-quattro di trasmissioni spazio per sentire il parere di altre campane non c’era? O forse ce ne sarebbe stato abbastanza, ma non è stata fatto questa scelta appiattendosi su un’ unica e sola interpretazione di Tolkien e della sua opera. Perché? Loredana Lipperini ha paura delle opinioni diverse da quelle dei suoi ospiti e forse anche dalle sue?
Ad esempio, ci chiediamo, possibile che non sapesse dell’esistenza pluridecennale della Società Tolkieniana Italiana, prima del suo genere, accreditata presso quella madre inglese e che ha appena curato il Dizionario dell’universo di Tolkien (Bompiani, 2016)? O non sapesse ancora dell’uscita del mastodontico saggio di Oronzo Cilli, Tolkien in Italia (Il Cerchio, 2016) che per primo ha ricostruito le vicende editoriali delle opere del professore nel nostro Paese tramite documenti originali inglesi e italiani del tutto inediti, ed ha ricostruito la loro accoglienza critica presso di noi, pignolescamente sin dal 1967, facendo capire bene di chi è stata la colpa della incomprensione cui andarono incontro, vale a dire della intellighenzia di sinistra? Oppure la Lipperini possibile che nulla sapesse di Stefano Giuliano che con Tolkien fra modernità e tradizione (Bietti, 2014) ha aperto una nuova via critica per l’Italia scrivendo un saggio assolutamente originale interpretando lo Hobbirt e Il Signore degli Anelli alla luce dei miti, leggende e folklore europei secondo la metodologia della storia delle religione? Oppure che la Loredana Lipperini ignorasse l’esistenza di tale Gianfranco de Turris (peraltro suo collega a Radio Rai, anche se non è detto che lo conoscesse data la pletora di giornalisti che vi lavorano) che si occupa di Tolkien da cinquant’anni, ha scritto centinaia e centinaia di pagine su di lui fra articoli, saggi e introduzioni, curato l’edizione italiana di diverse sue opere per Bompiani, nonché numerosi libri di saggistica di singoli autori o collettanei a lui dedicati?
Che dire, che pensare? Cascano le braccia di fonte a tanta improntitudine perché è impossibile che la Lipperini, esperta di letteratura fantastica, come i curatori del programma, e magari pure lo stesso direttore di Radio 3 Marino Sinibaldi, certe cose le ignorassero completamente. Quindi una scelta precisa, culturale e forse ideologica. Il pluralismo delle idee e dei punti di vista in Rai non esiste neppure a questi livelli. Non lo conosce neppure Radio Rai.