Sembrerebbe che l’obiettivo di chi guida l’Unione Europea sia far passare chiunque ne voglia delimitarne i poteri, tornando a dare maggiore sovranità ai singoli stati, come pericoloso, estremista, spesso anche razzista ed ovviamente populista. Le recenti elezioni presidenziali austriache hanno dato una dimostrazione di quanto scriviamo: o si accetta lo status quo di una politica totalmente prona ad interessi sovranazionali oppure si è inquadrati – grazie al ruolo significativo di gran parte dei media – come sconsigliabili se non anche reietti. Nonostante ciò Hofer, candidato del Fpo (partito già in vero forza di governo in Austria ai tempi del controverso Haider) ed alleato del Fronte Nazionale di Marine Le Pen e della Lega di Salvini – al netto di un dubbio voto postale ed anche di una interessante analisi del voto secondo cui sia le fasce più deboli che quelle produttive avrebbero largamente scelto la “destra sovranista” così come del resto già accade in Francia – ha ottenuto quasi il 50% dei consensi, segno tangibile che ormai il voto popolare non è più in simbiosi né in sintonia con i voleri dei grandi gruppi politico-finanziari che cercano di orientare l’opinione pubblica; questo anche per via della crisi economica che ha evidentemente lasciato il segno.
In democrazia e nell’agone elettorale poi le patenti di democraticità non le potrebbe affibbiare nessuno, benché meno chi ha esercitato il proprio potere per rovesciare completamente gli esiti di un referendum democratico, come quello in Grecia, che rifiutava le imposizioni tecnico-finanziare di Bruxelles. Una “lezione” già precedentemente servita all’Italia che aveva sperimentato nel 2011 – con il “golpe” ai danni del governo Berlusconi – cosa voglia dire usurpare la volontà popolare per andare incontro ad altri interessi sovranazionali.
Ecco perché terminate le ideologie ed esauritosi il compito dei vecchi partiti tradizionali figli della guerra fredda, privi al momento di azioni rinnovatrici nei contenuti, logori e senza più robuste capacità attrattive, la sfida è sempre più tra sovranisti e patrioti da un lato e mondialisti ed immigrazionisti dall’altro lato. Il voler “abbattere confini e muri”, all’insegna del multiculturalismo senza preventivi percorsi di integrazione, rappresenta poi un ulteriore pericolo per la già minata sovranità dei Paesi europei e dei Paesi mediterranei in particolare.
Sovranità territoriale, monetaria, politica ed economica: su questo nocciolo tematico convergono ormai molti movimenti euroscettici europei. Rattrista vedere invece che, laddove non sia ormai del tutto marginale, la sinistra cosiddetta radicale appaia in realtà al servizio dei tecnocrati e dei burocrati di Bruxelles visto quanto sta accadendo in Grecia dove il governo Tsipras sta attuando tutte le misure economiche richieste dall’Unione Europea.
Toccherebbe in primo luogo, allora, a quei movimenti politici popolari, sociali e nazionali, che si rifanno ad una cultura ben ancorata a valori tradizionali contrari al relativismo ed al nichilismo, capeggiare un ampio ed inclusivo schieramento con principi marcatamente sovranisti che superi e vada oltre gli steccati ideologici del passato ed acquisti un consenso sempre maggiore, evitando il rischio della marginalizzazione politica, della ghettizzazione o dell’isolamento in uno spirito meranente identitario che rischierebbe di far perennemente rima con minoritario.
Questo giochino, in fondo, dei buoni a prescindere da una parte – nonostante le gravi responsabilità nel perdurare della crisi economica e della disgregazione della società – e dei cattivi a prescindere dall’altra parte non potrà durare in eterno.