![La rovesciata di Higuain, il 36° centro in serie A, record assoluto](https://www.barbadillo.it/wp-content/uploads/2016/05/Schermata-2016-05-15-alle-19.40.14-310x144.png)
Spalle alla porta. Rovesciata in acrobazia. Il pallone s’infila come sospinto da una forza sovrumana. Lo stadio si gonfia. E’ il terzo, il più bello, il più difficile, il più elegante. Il gol impossibile. Il portiere caduto alla difesa, come avrebbe detto Umberto Saba, si volta incredulo. I secondi sono eterni prima che il pallone tocchi terra. Negli occhi di Gonzalo Higuaìn si ferma l’attimo felice. Lui, l’argentino che Diego Armando Maradona fece debuttare nell’Albiceleste sette anni fa, continua la tradizione degli argentini che conquistano Napoli: dopo Bruno Pesaola, Omar Sivori e il Pibe de oro si parlerà per sempre del ragazzo di Brest cresciuto nel River Plate, affermatosi nel Real Madrid, consacrato nel San Paolo che non sarà il Monumental o la Bombonera, l’Azteca o il Maracanà, ma è pur sempre un tempio profano dove di tanto in tanto gli dèi del calcio si degnano di scendere, magari accompagnati dal sole cocente o, come nella serata di sabato, 14 maggio 2016, da un diluvio che sembrava davvero universale.
L’ultimo “angelo dalla faccia sporca”, se non si offendono per l’accostamento Sivori, Maschio e Angelillo, la “cara sucia” l’ha mostrata come l’aveva sempre sognata: con una tripletta che non è soltanto uno scherzo dei richiamati dèi, ma il sigillo su un record inseguito per sessantasei anni da tutti gli attaccanti che hanno giocato nel campionato italiano di serie A. Nel 1950, Gunnar Nordahl, centravanti di un Milan esaltante, svedese come i suoi compagni Gren e Liedholm, un trio possente e meraviglioso, segnò 35 gol. Irraggiungibile. Fino all’avvento di questo argentino che gli ha fatto lo “sgarbo” di spodestarlo segnandone uno in più. Aveva ventinove anni Nordahl. Ne ha ventinove Higuaìn. Gli dèi del calcio non potevano essere più equanimi nel rinnovare un antico onore.
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I record, si sa, sono fatti per essere battuti. Quando ventuno anni fa, nel settembre 1995, il mitico cannoniere se ne andò, scegliendo, guarda caso, la Sardegna, precisamente Alghero, per chiudere gli occhi sul mondo, si portò nel cuore quel suo piccolo tesoro: aveva detto che neppure Marco van Basten, all’apice della carriera, glielo avrebbe sottratto. Ma sapeva in cuor suo il vecchio Nordahl che il soffio divino che indirizza i palloni nella porta prima o poi avrebbe accarezzato il piede di un suo emulo che forse non ha visto neppure un fotogramma delle imprese in rossonero dello svedese e neppure ne abbia mai sentito parlare, a meno che suo padre Jorge, calciatore come lui, non gli abbia raccontato chi era quel cannoniere che mandava in delirio le folle domenicali, ma è improbabile essendo nato nel 1957 quando la carriera di Nordahl stava per chiudersi nelle file della Roma due anni dopo.
Per sessantasei anni, più degli anni di regno della Regina Elisabetta, Nordahl, dunque, è stato il detentore di un primato che prima di quest’anno nessuno aveva osato evocare tanto sembrava intoccabile. Soltanto quando Higuaìn ha superato quota trenta, le citazioni sono affiorate. Poi, il traguardo è divenuto possibile man mano che il campionato s’avviava alla conclusione. Ma la disastrosa giornata di Udine, i tre turni di squalifica, la pressione per non perdere il secondo posto avevano votato i più allo scetticismo. Ecco: Higuaìn si è preso ciò che il destino sembrava volergli negare. In una partita sola. Nell’ultima giornata. E guardando il pallone che s’è portato via (spetta di diritto a chi segna tre gol in una gara) penserà che sua poteva essere anche la Scarpa d’oro, soffiatagli da Suarez del Barcellona, autore di quattro reti in più, se in quella disastrosa domenica friulana gli dèi del calcio non si fossero voltati da un’altra parte.
Onore a Gunnar Nordahl. Per una volta è secondo. Il “nuovo primo” non lo farà dimenticare. Anzi, tutte le volte che Higuaìn metterà in porta la palla ricorderemo, noi vecchi romantici, conservatori di memorie, di gesta e di sogni, il biondo svedese che ha scritto una delle pagine più belle della storia del calcio. Un fiore di seibo, il fiore nazionale argentino, Nordahl se lo meriterebbe.