“Siamo alla vigilia di un’offensiva del Governo siriano che potrebbe schiacciare lo Stato Islamico in una triplice tenaglia, e forse Daesh ha pochi mesi di vita”. Così Gian Micalessin, editorialista del Giornale ed ospite dell’incontro “Da Sud a Sud” organizzato a Bari dal Corriere del Mezzogiorno e dalla Fondazione “Corriere della Sera” , ha commentato lo sviluppo della crisi mediorientale.
Vladimir Putin ha spiazzato ancora una volta il mondo, annunciando il ritiro di una parte delle forze armate russe dalla Siria. E’ la mossa giusta?
E’ una mossa che innanzitutto ha sorpreso. Putin più volte ha dimostrato la capacità di sorprendere gli americani. E diciamo che in queste ventidue settimane di intervento ha raggiunto diversi obiettivi.
Quali?
Il primo è quello di rafforzare Bashar al-Assad che a settembre era sul punto di cadere. Poi è riuscito a riportare al centro dell’attenzione mondiale la Russia perché è ridiventata, con questa operazione, una potenza di cui non si può non tener conto. Putin ha costretto inoltre gli Stati Uniti a dialogare con la Federazione Russa. Ha, poi, spazzato quelle che erano delle posizioni che compromettevano delle possibilità di negoziato in Siria. E infine ha dimostrato all’Occidente che si può fare un’operazione militare in ventidue settimane anziché restare impantanati com’è già successo in Afghanistan e Iraq. E se guardiamo i costi di questa operazione in ventidue settimane Putin è riuscito a ridare la speranza ai siriani e ha respinto lo Stato Islamico.
Oggi in che situazione si trova la Siria?
Attualmente siamo alla vigilia di un’offensiva del Governo siriano che potrebbe schiacciare in tre parti lo Stato islamico, in una triplice tenaglia. Dato che l’esercito siriano avanza ormai da sud, oltre che da Aleppo, mentre i curdi avanzano da nord. Quindi lo Stato Islamico potrebbe avere pochi mesi di vita.
Tornando al ruolo di Putin: in Siria ha tutelato gli interessi strategici della Russia…
Putin non è sicuramente un benefattore, gioca il ruolo della grande potenza e mira a tutelare gli interessi russi. Ma da questo punto di vista è il primo che si è schierato con determinazione contro l’islam fondamentalista, è colui che ha smascherato il grande gioco della Turchia e dei sauditi, costringendo gli Stati Uniti ad agire per la prima volta efficacemente contro lo Stato Islamico, appoggiando i curdi.
In Turchia, invece, Erdogan da una parte tiene sotto scacco l’Europa, sfruttando i flussi migratori, e dall’altra continua a portare avanti l’offensiva contro i curdi.
E’ un gioco molto ben mirato. Sin dall’inizio Erdogan è stato uno dei grandi fomentatori e finanziatori del conflitto siriano, ha appoggiato i ribelli, poi lo Stato Islamico, come hanno dimostrato filmati messi su internet dagli stessi media siriani. Erdogan ha un preciso obiettivo che si chiama neo-ottomanesimo, quindi un ritorno ad una egemonia turca nel Medio Oriente ma anche una contrapposizione nei confronti dell’Europa, perché non è casuale che ad oggi il flusso di profughi sia aumentato del 300%. E’ chiaro che c’è un mancato controllo delle frontiere ma c’è soprattutto una responsabilità turca. Infatti proprio la Turchia ha lasciato passare cinquemila combattenti fondamentalisti dall’Europa verso la Siria all’inizio del conflitto. Il leader turco ha un’agenda ben precisa della guerra siriana, l’ha innescata, l’ha alimentata e l’ha fomentata.