Dimenticata per 50 anni, poi mistificata, sfruttata e – oggi – sottoposta a un subdolo attacco fra la ridicolizzazione mediatica (che se fatto su altri temi porterebbe rapidamente a querela) e il giustificazionismo storico (“gli italiani se la sono meritata perché erano fascisti”). La tragedia delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata è al centro del nuovo numero di Storia in Rete, in edicola in questi giorni e in pdf online. Un’uscita monografica che ripercorre la storia del confine orientale d’Italia dall’Ottocento al secondo dopoguerra, cercando di puntualizzare su quei temi che sono stati soggetti a distorsione nel dibattito storico e nella divulgazione.
Così il lettore si accorge che a differenza di quanto propagandato negli ultimi anni, l’odio etnico in Venezia Giulia e Dalmazia non è stato provocato dalla snazionalizzazione degli slavi attuata dai governi italiani (e dal Fascismo in particolare) fra le due guerre mondiali. E’ un solco più profondo, che si è scavato in epoca asburgica per la nascita dei nazionalismi risorgimentali abilmente sfruttati da Vienna per mettere l’una contro l’altra le etnie dell’Impero austroungarico e in particolare per schiacciare quella più pericolosa e odiata: gli italiani.
C’è poi un concetto fondamentale che troppo spesso sfugge ma che viene espresso con chiarezza dallo storico Raoul Pupo, in una lunga intervista concessa al mensile di Fabio Andriola: non si può capire la tragedia delle foibe e dell’esodo senza considerarle nelle logiche balcaniche. Finché le categorie concettuali impiegate saranno quelle italiane, europee occidentali, noi non riusciremo a comprendere il perché di tanta violenza scatenata in quelle regioni. Aiuta in tal senso anche l’estratto dal saggio di Maria Teresa Giusti (Le Lettere, 2007) sull’occupazione della Iugoslavia durante la Seconda guerra mondiale, che evidenzia come le truppe italiane si siano trovate invischiate in un pantano di massacri e atrocità mai sperimentato prima nemmeno durante le guerre coloniali. Una allucinante guerra di tutti contro tutti, dove gli infoibamenti sono iniziati molto prima del 1943 da parte di iugoslavi su altri iugoslavi, come si vede anche da una terribile foto che Storia in Rete mostra.
Un numero monografico densissimo, dove però paradossalmente sono proprio le foibe stesse a restare sullo sfondo, essendo necessario più spiegare il “perché” che non descrivere il “come”. Oltre a Raoul Pupo, “Storia in Rete” intervista Simone Cristicchi sul suo spettacolo “Magazzino 18” e Licia Cossetto, sorella di Norma, medaglia d’oro alla memoria per la sua terribile fine in mano ai partigiani iugoslavi e simbolo di tutti gli infoibati italiani. Il numero si avvale dei contributi di Lorenzo Salimbeni, Marco Cimmino ed Emanuele Merlino, del comitato scientifico del Comitato 10 Febbraio, di Vincenzo Maria de Luca, esperto di questioni della Venezia Giulia, dei giornalisti Marco Valle e Marco Zacchera, delle firme storiche del mensile, Aldo A. Mola e Aldo G. Ricci e di un’anticipazione-scoop dall’ultimo saggio di Ivan Buttignon, oltre che di un indispensabile atlante etnico e storico-politico del confine orientale con oltre una dozzina di carte geografiche.
Nonostante la mole del lavoro, tuttavia, è lo stesso direttore Andriola ad ammettere nel suo editoriale che il lavoro su questi temi non è ancora chiuso. Nel mestiere dello storico non c’è mai la parola “fine”, e tanto c’è ancora da dire e tanto ancora bisognerà che i ricercatori lavorino su una pagina nera della storia italiana che è fondamentale per capire e riscoprire l’identità del nostro paese. Quell’identità – dai fasti di Venezia al Risorgimento fino all’eroismo della Grande Guerra – che proprio il braccio destro di Tito, Kardelij, insultò e ridicolizzò durante le trattative del diktat di Parigi nel 1947. Guardacaso la stessa strategia mediatica dei tanti che ancora oggi offendono e vilipendono l’Italia e la sua storia per giustificare le foibe e glorificare l’invasione iugoslava…
*Storia in Rete, diretto da Fabio Andriola è uno dei più importanti mensili italiani di approfondimento storico e sociale. E’ in vendita nelle edicole delle maggiori città