“Una simpatica signora bionda che beve acqua minerale, fuma sigarette elettroniche, ha una borsa rossa da cui non si separa mai («debolezze da donna», dice sorridendo) e si chiama Marine Le Pen”: così Stenio Solinas, scrittore e giornalista de Il Giornale, ha tratteggiato in un miniritratto la leader del Front National, a Milano per il raduno dell’eurogruppo sovranista (di cui fa parte anche la Lega Nord). I temi affrontati delineano una visione politica che rimette al centro i diritti dei popoli, vessati dalle sovrastrutture comunitarie e dalle formule globaliste. La Le Pen indica come priorità lavoro e identità e non cade nella trappola delle nuove guerre per i diritti individuali: una traccia da seguire anche per i sovranisti italiani.
L’ostilità contro i sovranisti? “La politica del vomito”
Marine Le Pen non teme più di essere osteggiata dai media, anzi ritiene che la stampa pregiudizialmente critica divenga di fatto un volano per i consensi ai sovranisti: «L’ho messa nel conto e poi è una politica del vomito che disonora più chi la fa di chi la subisce. Quando un presidente del Consiglio arriva a prospettare un’ipotesi di guerra civile se il Front National vince le elezioni, cosa gli vuoi dire: che è un irresponsabile, che è un cretino? Vorrebbero tenere il popolo fuori dalla porta, e non si rendono conto che si stanno chiudendo loro in una casa senza uscite. Nel Nord-Pas de Calais, dove il Front National ha fatto il pieno dei voti, la sinistra è stata maggioranza schiacciante per ottant’anni, dai tempi della Prima guerra mondiale. Oggi è inesistente. Continuino così, va bene così…».
La lotta tra sovranisti e mondialisti; l’Europa priva di visione
Oltre le categorie del novecento? «È l’armamentario del XX secolo con cui si vorrebbe affrontare il XXI secolo. È una visione miope, e storicamente non sta in piedi. Nel Novecento c’erano due totalitarismi ideologico-politici, il nazismo-fascismo e il comunismo sovietico e internazionale, oggi non esistono più e al loro posto c’è l’islamismo fondamentalista da un lato, una guerra di religione, il mondialismo economico dall’altro, una guerra economica. Sono questi gli avversari in campo ed è con loro che si devono fare i conti. Il problema è che in Europa, così come oltre Oceano, non c’è una visione politica, una strategia a lungo termine, esiste solo la tattica del quotidiano, per di più condizionata dalle vecchie parole d’ordine. L’amministrazione americana pensa ancora che Putin sia una sorta di reincarnazione di Stalin e non vuole capire che la geopolitica ha le sue ragioni che l’ideologia non conosce».
Non solo il tema immigrazione, ma la priorità lavoro e il nodo euro-moneta
«Vorrebbero schiacciarmi sul primo punto s’infervora Marine – il che è come volerci far correre zoppi, su un piede solo. E invece no, si tratta di realtà fra loro correlate. Sto pensando a un grande convegno che riunisca gli economisti più importanti, che si interroghi su questa religione dell’euro come nuovo dogma laico, realtà irreversibile. Non siamo più alla politica, siamo all’atto di fede, al credo quia absurdum. Siamo dominati da strutture internazionali che nessuno controlla, ci sono codicilli europei, scritti in quei caratteri minuscoli tipici delle compagnie d’assicurazione, in cui per casi eccezionali le banche potranno rivalersi sui loro correntisti. Vogliamo continuare così? Lo so che non è facile andare contro la Chiesa ufficiale, l’eresia è affascinante quanto pericolosa e ci sono premi Nobel che per aver criticato l’euro si sono ritrovati da un giorno all’altro derubricati da soloni a coglioni. Però, e fermo restando che non si può uscire da soli, mi chiedo perché non sia possibile pensare a una doppia moneta, una variante di quello che era il vecchio serpente monetario. Ed è chiaro che non c’è sovranità senza moneta nazionale, ma contemporaneamente, il dissesto di Schengen ne è la prova, si vede che il problema dell’immigrazione è un problema nazionale, ciascuno Stato lo avverte in maniera diversa. Restiamo scossi dalla franchezza al limite della brutalità degli ungheresi, ma non è che la civilissima Svizzera sia un’oasi dell’accoglienza a prescindere».
Marine Le Pen con Papa Francesco
Le piace Bergoglio: «Io l’ho sentito al Parlamento europeo, applaudito mentre invece stava dando dei superbi schiaffoni. Perché l’uomo, ha detto, non è una merce, non lo puoi sradicare e reimpiantare. Il suo è stato un atto d’accusa contro il mondialismo, contro l’economia del puro profitto, contro la mercificazione dei corpi. Poi, certo, c’è la carità, l’accoglienza, la lotta alla povertà, la misericordia, è un magistero religioso il suo, ci mancherebbe. Ma a me piace questa idea della difesa dell’uomo in quanto persona, usi, costumi, tradizioni».
I limiti dell’Unione Europea
«Io so solo che l’Unione europea per come si è venuta configurando, non ha funzionato, non funziona, non funzionerà. Non è solo o tanto una questione di cifre, è un problema di diversità culturale: siamo il prodotto di una storia particolare, addirittura di una geografia particolare. Il mondialismo persegue un’idea della coesistenza forzata, in nome della mescolanza delle culture, che è all’antitesi di quello che siamo, come nazioni, come popoli».