Alla fine Pier Luigi Bersani si è dovuto arrendere ai suoi limiti più che al suo stesso partito. La scelta di Romano Prodi come candidato unico del Partito democratico – dopo la figuraccia inferta a un incolpevole silurato come Franco Marini – è la prima vera scelta che il segretario democrat ha preso negli ultimi sessanta giorni. Attenzione, la prima vera scelta ma anche la più sciagurata, la più retromarcista: un’ammissione, di fatto, di resa.
Una scelta chiaramente contraddittoria è quella benedetta dal leader (ex?) del Pd, che conferma la sostanziale schizofrenia della sua gestione politica dell’ultimo anno e mezzo. E se la scelta di sostenere il governo Monti poteva essere giustificata dalla paura (che in politica, sia chiaro, è un handicap) indotta dai mercati, il vero record di errori è stato compiuto dal dopovoto ad oggi: dallo scouting sprezzante ai grillino, all’inchino senza condizioni a ogni forma di insulto da parte di questi, fino alla marcia indietro; quindi il dialogo con “l’impresentabile” Berlusconi con il quale Bersani ha cercato di recuperare posizione dominante perdendo però la fiducia dei suoi elettori, quelli stessi che lo hanno triturato con la candidatura choc di Stefano Rodotà da parte del M5S. Il resto è cronaca di queste ore: un Pd in subbuglio che sconfessa il suo stesso candidato al Colle, una segreteria che è riuscita a balcanizzare le stesse correnti che l’hanno sostenuta, il rischio implosione dietro l’angolo.
Davanti al baratro, allora, il colpo di teatro è stato scegliere l’usato sicuro: Romano Prodi. Una scelta, questa, che potrebbe portare, qualora dovesse farcela, quel governo che Bersani faustianamente cerca di formare, nonostante l’assenza di numeri, di concordia, di strategia. Un gesto che cerca di portare, allo stesso tempo, un’offerta e scompiglio all’interno del M5S: perché creerà un caso di coscienza alla truppa 5 Stelle ideologicamente fragile e in difficoltà ogniqualvolta deve porsi in fase di costruzione più di rimessa. Un gesto che espone il Paese ancora di più all’inquietudine.
Dall’altra parte per il centrodestra Prodi rappresenta un’offerta irricevibile: un vero spauracchio dato che il professore ha battuto più volte Berlusconi e rappresenta un nemico più che un avversario per l’elettorato di riferimento. Ma non solo per il centrodestra quella di Prodi è una scelta infelice. Dato che sull’ex presidente del Consiglio e ed ex Commissario europeo pesano importanti responsabilità storiche in termini di politica industriale (la dismissione del patrimonio dell’Iri), di mercato internazionale (l’ingresso della Cina nel Wto) e di politica monetaria (la dissennata frenesia dell’ingresso incondizionato nell’area dell’euro). Nasce con i peggiori auspici e con un papabile “finto buono” al Colle questa Terza Repubblica.