Questa è la mia classifica franca. Libri dell’anno: fuori tempo massimo: fuori dal tempo. E progetto editoriale dell’anno… buona lettura, o rilettura. E buone feste.
- Tommaso Pincio, “Panorama” [NN Editore]. Niente più società letteraria. Niente più critici letterari. Niente più librerie. Niente più letteratura. L’ultimo lettore sulla Terra – o giù di lì –, in un futuro distopico e vicinissimo. Per tempo, ne ho scritto su «Alfabeta2», qui: www.alfabeta2.it/2015/09/29/tommaso_pincio_per-farla-finita-col-giudizio-dei-lettori/
- Michel Houellebecq, “Sottomissione” [Bompiani]. Probabilmente non ha aggiunto niente alla narrativa dell’eterno outsider francese, col tempo però ha cominciato a suonare come l’olifante di Orlando. A quel richiamo io sono ovviamente molto sensibile. Per tempo, avevo scritto dell’ultimo Houellebecq nel mio sito ufficiale, qui: www.gianfrancofranchi.com/?p=1891
- Patrick Leigh Fermor, “La strada interrotta” [Adelphi]. È una classica incompiuta, perché purtroppo il padre di “Mani” non ha fatto in tempo a raccontarci cosa è stato arrivare a Costantinopoli a piedi, come un antico pellegrino, ma è ciò che rimane del terzo pannello del suo leggendario viaggio. C’è tutta la classe, l’eleganza e la grecità dell’ultimo britannico romano d’oriente. Non ne ho scritto perché non ha superato “Mani”.
- Emanuel Carrère, “Il Regno” [Adelphi]. Memoir religioso, indagine filologica sui Vangeli e su una “piccola setta ebraica” che ha finito per fondare una religione millenaria: un libro che va amalgamando almeno due diverse anime, una scopertamente narrativa e autobiografica, l’altra decisamente saggistica e capziosa. Ne ho scritto per tempo su «Mangialibri», qui: www.mangialibri.com/node/16983
- Oliver Sacks, “In movimento” [Adelphi]. Redde rationem di un neurologo atipico, di uno scrittore-centauro, di uno psichiatra britannico già campione californiano di sollevamento pesi, di un inglese rimasto inglese nonostante cinquant’anni abbondanti tra San Francisco e New York, di un uomo di sensibilità pari alla sua fragilità. Ne ho scritto per tempo su «Ponte rosso» numero 5, pp. 24–25, qui: www.ilponterosso.eu/wp-content/uploads/2015/11/Ponterosso-05–2015.pdf … e tra i libri dell’anno, voglio ricordare ancora il memoir di Renzo Paris “Pasolini, ragazzo a vita” (Elliot, 2015; ne ho scritto per tempo su «Nazione Indiana», qui: www.nazioneindiana.com/2015/11/13/pasolini-ragazzo-a-vita/), la nuova edizione adelphiana del romanzo distopico magiaro “Epepe” di Ferenc Karinthy (la mia scheda per «Mangialibri», qui: www.mangialibri.com/libri/epepe) e l’ultimo anfibio di Simone Caltabellota, cioè l’inatteso “Un amore degli anni Venti. Storia erotica e magica di Sibilla Aleramo e Giulio Parise”: per tempo, ne avevo scritto qui: www.gianfrancofranchi.com/?p=1988
FUORI TEMPO MASSIMO: Quest’anno un caro amico mi ha fatto dono della stupenda e praticamente introvabile “Storia di Dalmazia” di Giuseppe Praga. È stata una lettura particolarmente coinvolgente, anzi proprio travolgente. A ruota ho scritto queste pagine: www.gianfrancofranchi.com/?p=1919 dedicate alla “Dalmazia fantasma” nella cultura italiana, e nelle patrie lettere.
CASA EDITRICE DELL’ANNO: Non ci piove: per me il progetto dell’anno è quello dei ragazzi delle Edizioni di Atlantide. Una delle poche, consapevoli speranze di sopravvivenza dell’editoria indipendente in una fase di chiarissimo collasso: destinata, si spera, a essere emulata e sostenuta da più parti. Il sito ufficiale degli atlantidei, completo di tutte le notizie, è www.edizionidiatlantide.it/ – la mia intervista esclusiva al demiurgo, Simone Caltabellota, sta sul «Ponte rosso» numero 6, pp. 20–21, qui: www.ilponterosso.eu/wp-content/uploads/2015/12/Ponterosso-06–2015.pdf