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Quirinale. De Turris: “Amato o Marini? Meglio Violante o un matto savio come Cossiga”

by Gianfranco de Turris
16 Aprile 2013
in Corsivi, Politica
0

violante cossigaPotremmo avere il piacere, da qui a qualche giorno, di trovare a rappresentare “l’unità nazionale”, una figura come Romano Prodi, Giuliano Amato, Franco Marini, Anna Finocchiaro (perché un none donna di bandiera ci deve pur essere, non perché meriti, altrimenti ci accusano di non tener conto delle “quote rosa” deve aver pensato Bersani).

Secondo il Corriere della sera il centrodestra avrebbe avanzato tre nomi per trovare un accordo col PD: Napolitano, Amato, Marini. Sembra incredibile ma è così. Tutta gente de sinistra! Il PdL e Berlusconi in prima persona hanno fatto fuoco e fiamme per chiedere un “moderato” sul Colle. La Sinistra non può accaparrarsi tutte le principali cariche della Repubblica ed escludere così una parte della nazione. Giusto. Per poi però, dimenticando tutti i nomi di centrodestra avanzati, puntare su altri (di sinistra, ancorché moderata) graditi al PD, accompagnati dalla richiesta di poter fare del cosiddetto “governissimo” (nome che mi pare ideò Pansa su L’espresso per indicare illo tempore un governo Berlusconi-D’Alemo, il governo dalemoni…). Insomma,si cede sul Quirinale per entrare a Palazzo Chigi.

Mi spiace, ma non mi pare una strategia onesta, non mi pare onesta soprattutto nei confronti degli italiani che hanno votato centrodestra e rappresentano un quarto della popolazione (un terzo dei votanti).Con il voto di questi suoi elettori il PdL sceglierebbe di farci rappresentare per sette anni:

1. dal “dottor Sottile” craxiano, uno per tutte le stagioni, colui che ci rapinò nottetempo dei nostri risparmi senza alcuna eccezione (eccetto invece, si è saputo solo di un recente grazie ad libro di Vespa, i rappresentanti della Casta che non si videro sottratto nulla, e non ci fu mai detto), da colui che Forattini disegnava come un topo, anzi come Topolino;

2. o da un ex sindacalista democristiano, trombato nella natia Abruzzo nelle ultime elezioni (lo ha sottolineato Renzi!), noto solo e soltanto per fumare la pipa e per portare il cappello da alpino (absit iniura verbis!), che non si è segnalato in nulla nella sua carriera politica, salito sulla poltrona della presidenza del Senato e su quella di ministro del lavoro soltanto per equilibri interni del centrosinistra.

Costoro dovrebbero essere a capo di una nazione di cui esprimono la sintesi, con il contributo del centrodestra. Dalla padella alla brace. Mi sembra uno schiaffo agli elettori del PdL, oltre che una strategia demenziale e suicida.

Magari non sarà così ed emergerà un outsider, un nome imprevisto su cui si convergerà in caso di stallo, come è accaduto anche in passato. La sorpresa potrebbe essere migliore, o peggiore, il che è più probabile.

Allora dirò una eresia, anche nei confronti di me stesso. Poiché ritengo che questo benedetto Paese non sarà mai un “Paese normale” se non supererà la guerra civile strisciante che si perpetua dal 1945 con la divisione tra italiani “buoni” e “cattivi” in nome della vulgata antifascista, allora se vogliamo un rappresentante della nazione che cerchi finalmente un inizio di sintesi e di superamento di questi steccati ideologici, allora è meglio Luciano Violante, quello che da presidente della Camera nel 1996 affermo scandalosamente che bisognava anche comprendere le ragioni delle scelte “dei ragazzi e delle ragazze di Salò”. L’unico rappresentante delle nostre istituzioni, che mi ricordi, a lanciare un così esplicito appello alla riconciliazione nazionale. Altri non ne hanno avuto il coraggio civile. Forse lo fece, come all’epoca scrissi, per motivi contingenti e per secondi fini, ma adesso quella affermazione, se non se l’è rimangiata, potrebbe essere veramente importante. Ovvio che Violante si riferiva ad una scelta umana e non politica, personale e non ideologica, ma già sarebbe un passo avanti, considerando come in questo ambito le cose siano peggiorate in sedici anni. Si ricorderà quel che un Franceschini tromboneggiò nei confronti di Berlusconi quando disse che “Mussolini fece qualcosa di buono”, o, peggio ancora, quel che scrisse il giornalista Gramellini nei confronti della capogruppo cinquestelle quando questa disse che in origine “il fascismo aveva il senso dello Stato”: la invitò a dimettere da deputato. Silenzio assoluto invece sulle dichiarazioni di Margherita Hack o Andrea Camilleri e ancor prima Giorgio Lizzani e altri quasi novantenni circa la loro esperienza positiva durante il fascismo: ciò dimostra che l’antifascismo politico-giornalistico è assolutamente strumentale, non un “valore assoluto”, ma si ricorda a fasi alterne, come e quando fa comodo, altrimenti chissenefrega…

Quando Napolitano venne eletto per un momento mi illusi: nelle sue prime dichiarazioni ufficiali dal maggio 2006 lo storico esponente del PCI non parlò mai di resistenza, liberazione, antifascismo, ma di unità nazionale. Intitolai un mio articolo Sogno di una notte di primavera. Rimase tale: Napolitano, così come prima di lui l’azionista Ciampi, non osò andare oltre, ance solo di poco, e rientrò nei ranghi. Lo stesso Berlusconi, a causa del nuovo atteggiamento “antifascista” di Fini, del presidente della Camera, si vide quasi obbligato a partecipare attivamente alla ricorrenza del 25 aprile nel 2009, mi pare, cosa che non aveva mai fatto in precedenza.

C’è bisogno di un presidente della Repubblica che superi tutto questo, soprattutto considerando che ormai l’antifascismo è semplicemente una foglia di fico. In questa nazione si dedica una piazza all’assassino di Giovanni Gentile e quando si cerca di farlo per il filosofo si scatena un putiferio. Lasciano perdere il  caso di Evola (anche se Franco Volpi la considerava con Croce e Gentile, fra i tre principali filosofi italiani del Novecento),  ma quando si vuol ostracizzare culturalmente qualcuno, boicottare qualche iniziativa, far fuori un none da premi e cariche, l’unico argomento di sicura efficacia è l’antifascismo. E’ sufficiente scrivere ormai libri che puzzano di eretico magari anche a torto, o solo ritenuti politicamente scorretti (il caso di Pansa è notissimo, ma anche quel povero diavolo di Antonio Carioti ne ha subito le conseguenze) per alzate di scudi in sé ridicole ma efficaci. Un antifascismo strumentale perché si usa soltanto quando fa comodo, come si è ricordato prima. Non si separa il filosofo, il pensatore, lo scienziato, il poeta, il romanziere dalle sue idee politiche o dalla sua ideologia, soltanto quando alle spalle si ritiene ci siano fascismo o nazismo. Mai, mai al contrario. Qualcuno ha per caso ostracizzato, che so, un pittore come Picasso, un poeta come Neruda, un filosofo come Sartre solo perché furono comunisti dichiarati, addirittura stalinisti? Non ne ho contezza.

Ecco perché serve un capo dello Stato che superi queste ipocrisie, abbia il coraggio di farlo e soprattutto il coraggio di affrontare a piè fermo le polemiche che nascerebbero da certe sue eventuali prese di posizione. Insomma, un matto savio come fu Cossiga.

Altrimenti non usciremo mai dal vicolo cieco in cui è stato cacciato un Paese che con la scusa della “costituzione più bella del mondo”, come la definì con grande successo un comico toscano, non guarda più avanti ma continua a guardarsi preoccupato solo alle sue spalle.

Gianfranco de Turris

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