Maledetta televisione, ha fregato anche loro. Le “Quirinarie” per la presidenza della Repubblica del Movimento 5 Stelle hanno un vincitore: Milena Gabanelli. Ancora una volta è la tv che vince. Inutile girarci intorno, non è il web il nuovo, non è la partecipazione diretta (solo 50.000 elettori, più o meno, sono poca cosa se paragonati ai numeri che altri siti dichiarano per ogni sondaggio on-line), a vincere ancora è l’immaginario televisivo.
Il grillismo è, in fondo, figlio di due culture: quella del “compare” di Grillo, Antonio Ricci, allo stesso tempo padre e figlio del berlusconismo (detto in senso assoluto, senza giudizio alcuno) e del “giustizialismo travagliesco”, come lo definisco molti commentari. Insomma, Striscia la Notizia più Il Fatto Quotidiano: Milena Gabanelli è la sintesi perfetta tra il Gabibbo e il giornalismo che si richiama all’intransigenza montanelliana, sempre rievocata da Travaglio.
Donna, asciutta, sempre in prima linea, esempio di un giornalismo poco praticato in Italia (la notizia prima di tutto), l’ideatrice di Report è portatrice di una verità ora svelata: il mondo è marcio, soprattutto quello politico. Lei lo svela e noi possiamo indignarci, rassicurati dal fatto che almeno la faccia qualcuno l’abbia persa. La ricerca dell’eroe è esercizio che ci deresponsabilizza, li deresponsabilizza, e perciò la designazione della Gabanelli è una sconfitta dell’idea che il cittadino comune possa fare meglio di qualsiasi politico, dell’uno vale uno, di quel sogno movimentista che immaginava una “casalinga alla presidenza del Consiglio”. Tutto in favore di un’idea molto di destra che spera in un salvatore, in un giustiziere solitario senza macchia e senza paura.
Detto ciò, sono pochissime le possibilità che la Gabanelli possa essere un vero candidato per il Colle. Sempre che la coda di paglia di una sinistra da sempre succube di una presunta superiorità morale della società civile non li porti a pensare che si possa sostenere la candidatura della giornalista Rai, magari in chiave di anti-Cav. Sarebbe sicuramente una perdita per il giornalismo italiano; forse non un grande acquisto per la politica.